L’ultima visita di Lorenzo Balbo è stata al corso Cefal Emilia-Romagna. Ecco il suo racconto.
Trecento ore di studio e pratica per inserirsi nel mondo della ristorazione e della trasformazione di prodotti agro-alimentari, ecco gli obiettivi del corso di formazione avviato da Cefal nell’autunno 2019, all’interno del progetto Salus Space. Un elemento in più per costruire le competenze necessarie, pensando oltre che al futuro ristorante che nascerà in via Malvezza, anche agli orti che vi si svilupperanno.
Il corso è suddiviso in due moduli. Nel primo, da 162 ore, gli studenti ricevono una formazione teorico-pratica per lavorare nella ristorazione, nel servizio sala e bar, nella trasformazione per produrre per esempio marmellate, conserve e miele. Ogni parte è seguita da un docente specializzato e viene svolta in un laboratorio adatto.
Il secondo modulo, da 138 ore, inizierà a fine gennaio e sarà dedicato alla realizzazione di uno stage: “questa è la parte più complessa da gestire, poiché dobbiamo accompagnare i ragazzi nel mondo lavorativo: un passaggio necessario”, spiega Emore Rubini, coordinatore del corso.
“I sei alunni che, al momento, frequentano le lezioni sono tutti giovani richiedenti asilo: per loro è anche più difficile integrarsi, poiché, oltre a dovere imparare la nostra lingua, sono alle prime esperienze”, afferma il coordinatore, “la partecipazione non è indennizzata da alcuna quota oraria, ma esclusivamente dettata dalla volontà di trovare lavoro nel campo della ristorazione o della trasformazione dei prodotti alimentari”.
“Mi sono affacciato al mondo della ristorazione con questo corso: l’ho scelto perché mi piacerebbe lavorare in cucina. Ho anche altre passioni, su tutte la falegnameria, ma in futuro vorrei lavorare come aiuto cuoco”, ci rivela Seydou, arrivato in Italia dal Senegal circa due anni fa. Anche il suo compagno Ousman – gambiano, in Italia da quattro anni – condivide le stesse ambizioni: “in passato, ho lavorato in un ristorante. Al momento, ho un impiego serale in un locale come cameriere: appena finisco il corso, comincio il turno. La cucina è la mia passione, mi diverte: mi piace imparare a cucinare anche non per lavoro, ma semplicemente per me stesso. Ho un sacco di obiettivi: vorrei vivere bene, costruendo un futuro migliore per me e i miei figli”, racconta.
Secondo Rubini, l’obiettivo formativo più importante – non scritto nel programma – è riuscire a fare gruppo, creando relazioni positive. “La mia idea è che la formazione possa attecchire realmente sulla persona solo se questa è ben disposta. E lo può essere solo in presenza di gruppo in cui ci si trova bene. Vorrei semplicemente che questi ragazzi stessero bene in questo periodo della loro vita. Le attività pratiche arriveranno dopo”, sottolinea. Per ora, il gruppo sta regalando molte soddisfazioni: “dopo un’iniziale fase di conoscenza, i ragazzi hanno cominciato a muoversi come una vera e propria squadra di cucina”, conclude il coordinatore.