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Se sei un gatto nero non vuoi imbatterti in un uomo bianco…

gatta a Mondo Gatto

Come tutti sanno, i gatti neri credono che imbattersi in un uomo bianco porti una scalogna tremenda. Deve pensarlo anche il micio color pece che guizza all’indietro appena mi vede entrare nella sede di Mondo Gatto, l’oasi felina che brilla come un miraggio in fondo a via Allende a Bologna. “Non si preoccupi, è molto superstizioso!”, mi rincuora Anna Pasetti, presidente e portavoce delle volontarie che ogni giorno si danno il cambio per governare il loro piccolo universo. La incontro una settimana dopo i “ConcertAuguri” al Quartiere Savena, dove spiccava il simpatico banchetto della sua associazione. Mi siedo e accendo il registratore mentre lei continua a pulire ciotole e a versare croccantini.

L’altro giorno ho aperto una scatoletta per gatti – ai “gamberetti” – e ho trovato un gamberetto. Potrebbe essere l’inizio di una nuova era?
«Non credo proprio. Per i gatti si fa di tutto, è vero, ma ormai hanno vinto i gattopardi, quelli che figurati se cambia qualcosa».

Anna Pasetti al banchetto di Mondo Gatto

Può consolarsi pensando a com’è cambiata quest’oasi
«Mi consolo e mi inorgoglisco. Qui vent’anni fa c’era solo una cannella dell’acqua circondata da un recinto. E d’inverno, con il freddo birichino di Bologna, le pappe e l’acqua si ghiacciavano subito. Ma a poco a poco noi volontarie ci siamo attrezzate con tutto il necessario. Devo ammettere però che è stato fondamentale ottenere l’allacciamento alla rete elettrica. Sia per riscaldare le cucce e il cibo, sia per la luce. E’ vero che i gatti ci vedono anche al buio, ma noi no!».

insegna Mondo Gatto

Siete in gamba, voi volontarie
«Ci mettiamo amore e costanza, ma ogni miglioria è dovuta a quel gran ciappinaro di mio marito, che infatti qui dentro vince tutti gli appalti».
(lui sorride sornione, qualche metro più in là, con un cacciavite in una mano e una presa tedesca nell’altra)

Migliorie e manutenzione
«Servizio completo! Con il suo aiuto abbiamo tirato su il ripostiglio, la dispensa e le quattro casette destinate ai gatti bisognosi di cure e a quelli in attesa di adozione. Tutte e quattro con il proprio giardinetto. Una quinta casetta, sempre aperta, è invece riservata ai mici residenti, che si accoccolano lì quando fa troppo freddo nelle cucce in giardino».

In che senso, mici “residenti”?
«Nel senso di randagi, ostici, refrattari al rapporto con l’uomo. Sono i nostri ospiti fissi. Qui sono liberi di sgattaiolare fuori e di rientrare quando vogliono».

È per questo che la struttura si chiama “oasi felina”?
«Sì, perché non è del tutto chiusa, a differenza di un gattile o di una colonia. Le norme dicono che ogni gatto deve disporre di almeno cinque metri quadrati. Ma la nostra struttura è molto piccola, e così abbiamo inserito delle passatoie per tenere quanti più gatti possibile».

cucce oasi felina

Libertà e rischio: le facce di una stessa medaglia
«O della stessa medaglietta, quella che i gatti in uscita portano al collo e che spesso li salva, se vengono investiti. Ma purtroppo non tutti gli automobilisti se ne accorgono o hanno la sensibilità di scendere dalla macchina per aiutarli».

Lei invece come è diventata una gattara?
«Grazie a Charlie, un soriano tigrato che adottai tanti anni fa in una colonia di via Zanardi. Impareggiabile compagno di giochi per i miei figli e pieno di amore per me e mio marito. La sera si accucciava sul divano con noi, ci guardava stringendo gli occhi a fessura e borbottava qualcosa in gattesco. Forse voleva dirci che era contento di essere entrato nella nostra famiglia».

E per entrare nella famiglia di quest’oasi cosa deve capitare a un gatto?
«A volte gli basta nascere. Di solito i gattini ce li portano i padroni di micie non sterilizzate. Alcuni si vergognano e li lasciano in un “trasportino” sul marciapiede qui davanti. Ma raccogliamo anche i gatti abbandonati, i randagi e quelli bisognosi di cure».

I gatti abbandonati, dove li raccogliete?
«Dovunque. Una volta siamo andate a prendere quattro splendide micine nel giardino del museo Carducci. Mi piace pensare che fossero state protette dallo spirito del poeta, che forse amava il pio gatto quanto il pio bove».

Attenti ai gatti! Cartello d'avvertimento

E il randagio più affettuoso?
«Per molti anni il gatto più popolare del circondario è stato Oliviero, un “randagione” nero di sei o sette anni che amava gironzolare e seguire chiunque gli facesse una carezza. Spesso lo incrociavo in cima a via Allende, mentre venivo all’oasi! “Dove vai, brigante?”, lo rimbrottavo, e lui tornava indietro seguendomi come un cagnolino. Ogni tanto qualcuno ci telefonava dal Villaggio Due Madonne, o da più lontano ancora, per chiederci se avevamo perso un bel gatto nero. Non doveva aggiungere altro. Avevamo già capito che stava parlando di Oliviero».

Poi cosa gli è successo? Ha fatto un brutto incontro?
«No, è stato adottato da un signore che ha avuto la costanza di venirlo a trovare per un’intera estate in attesa dell’arrivo della brutta stagione, il periodo in cui anche i randagi come Oliviero hanno meno voglia di scorrazzare all’aria aperta».

Prima mi ha parlato di gatti bisognosi di cure
«Le faccio un esempio che ancora mi commuove. Un giorno la clinica universitaria di Ozzano ci ha chiesto se potevamo accudire una gatta rossa con gravi problemi allo stomaco. Aveva un paio d’anni e pesava solo mezzo chilo. L’abbiamo chiamata Baby Ross e affidata al nostro ambulatorio di fiducia. Ci sono voluti due interventi chirurgici, ma nel giro di cinque mesi è cambiata da così a così. Qualche settimana fa la coppia che l’ha adottata mi ha mandato una foto in cui si vede la figlia più piccola dormire con lei accoccolata sul letto. Che emozione! ».

Di solito quanti gatti tenete, sani o in via di guarigione?
«Non più di una dozzina. Per fortuna riusciamo quasi sempre a equilibrare gli ingressi e le uscite. Qui transitano poco meno di cento gatti all’anno. Se l’oasi è sovraffollata, cerchiamo di accelerare le adozioni».

Mi è stato detto che l’addomesticamento con i gatti è molto difficile
«Niente di più falso. Un gatto addomestica il suo padrone in un paio di giorni al massimo».

Proprio come Garfield nel suo fumetto. Ma in che modo si riconosce un padrone addomesticabile?
«Prima facciamo una chiacchierata insieme, poi una nostra volontaria va in casa sua per controllare se ci sono le condizioni necessarie».

Quali condizioni?
«Mai guai se il richiedente ignora di avere in casa una pianta tossica per i gatti. Ma suvvia, una soluzione amichevole si trova sempre!».

Una volontaria con un gatto nero

E come trovate i soldi per gestire l’oasi?
«Fra pappe, medicine e cure veterinarie, spendiamo circa mille euro al mese. Non ricevendo finanziamenti pubblici, ci autotassiamo e confidiamo nel buon cuore di amici e simpatizzanti. Si può sostenere Mondo Gatto in vari modi: donando cibo e coperte, diventando un volontario dell’oasi, facendo un versamento all’associazione o destinandole il cinque per mille. O approfittando dei banchetti che allestiamo in giro per la città».

Dove?
«Dopo la festa in Quartiere, per tutto il periodo natalizio saremo al centro commerciale Fossolo 2, che ci ospita anche ogni weekend dell’anno. E in settembre potete trovarci alla festa dell’Unità, dove esponiamo i prodotti artigianali dei nostri soci e vari oggetti autografati da Vasco Rossi, da tempo nostro amico e sostenitore. I suoi gadget vanno a ruba, e purtroppo non è solo un modo di dire perché tre mesi fa qualcuno ha forzato il nostro stand al Parco Nord e se li è portati via».

Forse è lo stesso ladro che una settimana fa ha rubato l’albero di Natale nell’ingresso di un condominio di via Allende
«Non credo, perché nel vicinato abbiamo molti amici e sostenitori, e non solo fra coloro che hanno adottato un nostro micio. Certo, c’è ancora chi si lamenta delle impronte sulla macchina o porta a sgambare il cane senza preoccuparsi di tenerlo al guinzaglio. Molti nostri gatti sono finiti sotto una macchina proprio per sfuggire a un cane slegato. È l’unico dispiacere che ogni tanto mi fa desiderare una sede più grande».

Non avete mai pensato di chiudere le vie di fuga?
«Non servirebbe a niente. La nostra struttura è piccola, con le casette attaccate al recinto, e i gatti più acrobatici preferiscono uscire dall’alto. Salgono su un tetto, si raccolgono, spiccano un salto e in un attimo sono fuori».

E io spero che proprio là fuori ci sia qualche gattofilo incuriosito da queste poche righe
«Lo spero anch’io. Ma un’intervista scritta ha il difetto di non fare le fusa, perciò consiglio a tutti i lettori di passare a trovarci per fare due coccole ai nostri gattoni. Forse uno di loro li conquisterà. Un caloroso miao di buon Natale a tutti!».

testo e foto di Sergio Palladini (redazione Salus Space)

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