Il Villaggio dello Sport 2 – I campi di calcio
Ecco la seconda puntata del nostro viaggio nel mondo dello sport nel Quartiere Savena, grazie a Emanuele Greco e al suo libro
Ecco la seconda puntata del nostro viaggio nel mondo dello sport nel Quartiere Savena, grazie a Emanuele Greco e al suo libro
Ecco la seconda puntata del nostro viaggio nel mondo dello sport nel Quartiere Savena, grazie a Emanuele Greco e al suo libro edito da Deltra 3 Edizioni nel 2008. L’articolo è tratto infatti da “Voci del Villaggio – Persone, luoghi, avvenimenti. 1957/2007: 50 anni di storia del Villaggio Due Madonne”.
Ogni tanto si sente dire da qualche cittadino del Villaggio che nel nostro rione non c’è tanto verde; forse è vero, anche se da alcuni anni possiamo usufruire del giardino di via Carli e non distante dalle Due Madonne c’è il grandissimo Parco dei Cedri. In ogni caso, la mancanza di verde era ben compensata, almeno per la gioia degli amanti del pallone, dai tanti campi e campetti di calcio, sorti un po’ ovunque e nel corso degli anni. Vorrei qui ricordare tutti questi luoghi.
Il campo del centro sportivo “Bonzi”
Costruito nella seconda metà degli anni ’60. Fu quasi sempre adibito alle squadre ufficiali dei vari campionati dilettanti. C’era un severo custode che sorvegliava gli accessi. Noi ragazzini scalcavamo la rete di recinzione e giocavamo in quello che ci sembrava un vero e proprio stadio. Un gruppo di giovani del Villaggio scrisse una lettera accorata al Comune, consegnandola al signor Guandalini, un residente di via Carli che lavorava come impiegato in Quartiere (situato a quei tempi in via Lombardia). In quella lettera si avanzava un reclamo per il comportamento della signora Tinarelli (anche lei residente in via Carli), nominata provvisorio custode del centro sportivo e molto avara nel consentire ai ragazzi di accedere al campo per giocare. Il Comune rispose alla nostra lettera e per un po’ di tempo fu reso più agevole per noi l’uso del campo di calcio e del campetto di pallacanestro. Ci fu un periodo in cui lo spazio del campo riservato al pubblico era addirittura delimitato da una rete con in cima il filo spinato (roba da lager…). Poi questo obbrobrio venne rimosso.
Il sabato e la domenica per le partite ufficiali, per qualche anno fu allestito un chiosco per le consumazioni del pubblico tifoso che a quei tempi era davvero numeroso. Gestiva la baracchina un’anziana signora di via Carli – ora ho dimenticato il nome – che aveva una automobile “giardinetta”, ed era una delle prime donne del Villaggio che rammento di aver visto alla guida di una macchina. Nel chiosco si vendeva un po’ di tutto e noi ragazzini eravamo ingaggiati per andare a vendere bibite e “brustolini” direttamente raggiungendo il pubblico assiepato sulle reti di recinzione intento a godersi la partita. Potevamo così racimolare qualche soldino per acquistare uno di quei palloni di gomma che vendeva il tabaccaio sotto i portici. Un pallone che “volava”, come si soleva dire: si calciava sulla destra del portiere, e quello invece se ne andava dove voleva lui, a sinistra o in alto… Erano pochi quelli che si potevamo permettere un pallone di cuoio o le mitiche scarpette coi chiodi regolamentari da calcio.
Il campo di via Carli
Per anni usato anche come sede degli allenamenti (anche in “notturna”, con l’impianto di illuminazione). Era il luogo più frequentato in assoluto dai ragazzi del villaggio, a tutte le ore, soprattutto nel pomeriggio per le mitiche, continue (e indimenticabili) partitelle tra amici.
Il campetto in via Carli dove sorse il centro sociale
Di questo campetto non sono riuscito a reperire delle immagini. Ma dentro di me il ricordo resta impresso in modo indelebile. Prima ancora che fosse agibile il campo di via Carli (vedi sopra), qui noi giocavamo a pallone e facevamo delle appassionate e avvincenti partite anche la domenica iniziando alle 8 del mattino! Che entusiasmo! Ricordo che tutto il campo era a nostra disposizione, in qualunque momento della giornata; solo all’inizio del campo, in uno spiazzo verde a ridosso della strada, era stato allestito un angolo con dei giochi, dondoli, e panchine, una sorta di giardinetto anche per bambini, anziani, e famiglie.
Il campetto della parrocchia
All’inizio, quando furono costruiti i campetti sportivi delle “Opere parrocchiali”, questo spazio era adibito per il gioco del tennis. In seguito fu trasformato in mini campo di calcio. Il terreno purtroppo è ghiaioso.
Il campo del “Pratone”
Ricavato da uno spazio rimasto libero dopo la costruzione di nuovi palazzi adiacenti al Villaggio. Questo campo fu allestito grazie all’opera volontaria di giovani e adulti nuovi residenti di questi palazzi edificati dalle cooperative. Anni dopo questo campo stava per essere sacrificato in nome dell’edilizia, vi era infatti il progetto di erigere nuovi casermoni popolari, ma la mobilitazione della gente fece cancellare il progetto e così fu salvato il campo di calcio faticosamente conquistato.
Il campetto della caserma
Tra via Due Madonne e via Mondolfo. Si vedevano spesso i giovani di leva giocare a pallone con l’inconfondibile maglietta verde scuro militare. In seguito presero l’abitudine di giocare nel campo di via Carli, a pochi metri dalla caserma.
Il campetto di Casa Gianni
Quando venne aperta “Casa Gianni” (comunità diurna per il recupero di giovani ex-tossicodipendenti) fu costruito anche un piccolo campo di calcio che in questo modo arricchisce il panorama dei tanti campi di football delle “Due Madonne”.
Storia sentimentale dei giochi e delle attività agonistiche alle Due Madonne. Capitolo primo
Villaggio Due Madonne e Villaggio Olimpico: un’accostamento audace, nato da una banale assonanza, eppure suggestivo e fecondo, se non altro perché mi dà l’imbeccata per cominciare a proporre in questo blog l’intera raccolta di articoli che Emanuele Grieco, nel suo “Voci del Villaggio”, ha riservato ai giochi e agli sport praticati nel rione dove è nato e cresciuto.
Il primo testo della serie ha il sapore delle ricostruzioni storiche a fumetti che si leggevano sull’Intrepido. È dedicato alle giornate che un tempo ogni bambino (ma anche qualche bambina!) trascorreva giocando a pallone sui prati spelacchiati e sulle strade polverose sotto casa. Giornate che sembravano interminabili ma che per tutti, senza un motivo preciso, sono terminate. È successo anche a me: una sera sono tornato a casa come se niente fosse e da quel momento non ho più giocato in un prato. Probabilmente nei giorni successivi non sono andato a giocare per una ragione qualunque; forse pioveva, o sono partito, o stavo poco bene. Ma è certo che “basta” non l’ho mai detto. Così mi è rimasta l’impressione di una cosa troncata a metà, di non aver finito di giocare sui prati, e una latente mentalità di dovervi tornare; qualcosa che ancora adesso mi fa pensare: “Accidenti, dovevo andare a giocare sui prati e invece sono andato a quella festa”.
Sergio Palladini
Tempo fa rimasi colpito dall’osservazione di Marcello Lippi, a quei tempi allenatore della nazionale di calcio campione del mondo 2006: parlando di questo sport e del suo futuro, disse che oggi i ragazzi non giocano più a calcio nelle strade o nei campetti di periferia. Un segno dei tempi, non vi è dubbio. Noi bambini e ragazzi del Villaggio, invece, trascorrevamo tutto il nostro tempo libero a giocare “al pallone” sull’asfalto o sui prati sotto casa. Non servivano le porte: in terra si sistemavano due borse, due maglioni arrotolati o due grossi sassi, e i pali erano fatti. A volte non c’era nessuno in porta e le squadrette erano formate da due, tre, quattro giocatori che correvano con passione e frenesia in lungo e in largo. Ricordo che ogni giorno, finita la scuola, si tornava a casa, si mangiava in fretta un boccone e con un entusiasmo e una gioia irripetibili si correva a rompicollo verso il campo di via Carlo Carli. Ai tempi della mia adolescenza, lì c’erano ben due campi di calcio; in seguito uno fu destinato al tamburello e un altro fu ristretto per far posto a un nuovo palazzo.
Nel campetto di calcio c’era sempre qualcuno che giocava quasi ad ogni ora. Tantissimi ragazzi, in particolare, si davano appuntamento nel primo pomeriggio, e dopo un po’ di riscaldamento si era già in forma per la classica partitella. Ancor prima del campo, il nostro luogo preferito era la strada chiusa tra via Tacconi e via Carli, quei cinquanta metri che sentivamo tutti nostri perché le macchine non passavano, essendo vicolo cieco. Eravamo i padroni della strada.
Dal 1966 abbiamo iniziato a godere dell’applicazione dell’ora legale, C’era luce fino alle 21.30 e d’estate, dopo cena, si tornava a giocare. Continuavamo anche al buio o con la fioca luce del lampione. I nostri modelli erano gli eroi del “fùdbol”, i “mitici” stranieri, gli oriundi e anche gli italiani delle squadre più blasonate del campionato e della nazionale. Soprattutto i giocatori del Bologna che nel campionato di calcio 1963-64 avevano vinto lo scudetto. Erano gli anni di maggiore entusiasmo per i colori rossoblù. E con eguale trasporto seguivamo il “torneo delle vie”, competizione a cui partecipavano squadre formate da ragazzi abitanti nelle strade del rione. La via Dallolio, addirittura, aveva due formazioni: Dallolio A e Dallolio B. Ogni partita era accompagnata dal tifo di tantissima gente che partecipava con entusiasmo. Di quella bella esperienza è rimasto in molte persone un ricordo piacevole e molto forte.
Nel 1978 fu costituita una squadra di calcio con cinque ragazzi di via Mondolfo e una decina di via Longhena. Erano alcuni dei giovani che insieme alle loro famiglie avevano popolato i nuovi insediamenti abitativi nati a stretto contatto col Villaggio a metà degli anni ’70. I nuovi residenti avevano formato una “commissione Sport e Cultura” per dare vita a momenti di aggregazione e di festa per la popolazione dei caseggiati. Questa squadra partecipò al primo torneo di calcio delle cooperative edilizie di Bologna e con grande sorpresa di tutti riuscì a vincerlo.
L’entusiasmo provocato da questo successo fece nascere l’idea di riconvertire in campo da calcio il terreno disadorno collocato tra i vari palazzi. Con l’aiuto del Quartiere sorse così il mitico “Pratone”, che venne usato sia da questa squadra di calcio, sia da semplici cittadini di ogni età. Nel corso del tempo sono accadute molte cose. Qualche anno or sono si ventilò il progetto di costruire nuove abitazioni proprio su quel campo, ma la mobilitazione popolare e giovanile impedì che uno spazio così prezioso venisse cancellato. E così, ancora oggi, gruppi di ragazzi si ritrovano sul “Pratone” per tirare due calci o per la tradizionale partitella tra amici. Ogni tanto mi fermo a guardarli, e per un po’ torno bambino.
Emanuele Grieco
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