Vi abbiamo raccontato dalle “pagine” di questo blog il lavoro dei gruppi di coprogettazione, guidati da Rescue – AB, che stanno portano avanti la sperimentazione dei diversi tipi di orti che saranno poi replicati negli spazi esterni della futura Salus Space. Abbiamo raggiunto Giovanni Bazzocchi e Nicola Michelon in un caldo pomeriggio autunnale sul colle dell’Osservanza, appena fuori porta San Mamolo a Bologna, dove insieme ad un gruppo di giovani rifugiati e richiedenti asilo ospitati a Villa Aldini, hanno coltivato, con pazienza e costanza, degli appezzamenti di terreno con alcuni metodi di coltivazione e irrigazione studiati e importati dai paesi tropicali.
Sergio Palladini, della nostra Redazione Partecipata, ha intervistato Giovanni Bazzocchi, ricercatore universitario di Rescue- AB e con lui ha ripercorso le diverse tappe del progetto.
Questa la prima parte dell’intervista
Il Centro di Villa Aldini Villa Aldini è un centro di prima accoglienza che ospita circa cento ragazzi richiedenti asilo, di varie nazionalità ma principalmente africani. E’ gestito dalla cooperativa sociale Arca di Noè e a Bologna rappresenta una delle più importanti esperienze di questo tipo.
Rescue -AB In preparazione delle attività legate a Salus Space, ResCUE-AB (Centro Studi e Ricerche in Agricoltura Urbana e Biodiversità) si sta impegnando sia nella coprogettazione delle aree ortive, sia nella formazione delle persone che se ne dovranno prendere cura. Per ResCUE-AB l’attività formativa è molto importante perché si occupa di agricoltura urbana da un punto di vista non solo tecnico ma anche sociale. Non è un caso se questa realtà, nata all’interno del Dipartimento di Scienze Agrarie dell’Università di Bologna, ha recentemente sviluppato una particolare attenzione verso i richiedenti asilo.
Gli orti dell’Osservanza Nella scorsa primavera si è presentata l’occasione di creare alcuni orti nei terreni attigui al convento dell’Osservanza, che dista poche decine di metri da Villa Aldini. Grazie alla disponibilità dei frati, abbiamo dato vita a un percorso formativo con alcuni ragazzi del centro di prima accoglienza. A distanza di pochi mesi, possiamo dire che questa iniziativa si sta inserendo perfettamente nel più ampio progetto di Salus Space, che vede fra i beneficiari proprio i richiedenti asilo. La formazione, iniziata verso marzo e culminata nei mesi estivi, sta proseguendo tuttora. In autunno il lavoro negli orti è meno impegnativo, per cui al momento i ragazzi di Villa Aldini e il gruppo di coprogettazione di Salus Space si stanno dedicando allo studio delle attività da svolgere la prossima primavera.
Nella seconda parte dell’intervista Giovanni Bazzocchi spiega quali sono gli scopi e gli obiettivi di questo tipo di esperienza
I criteri di coltivazione La coltivazione degli orti dell’Osservanza è stata predisposta seguendo criteri legati a metodi di coltivazione tipici dei paesi tropicali. Una scelta che ha una duplice motivazione. La prima è legata ai ben noti cambiamenti climatici, che costringono a ripensare i tradizionali metodi di coltivazione a favore di sistemi più resilienti a lunghi periodo di siccità e a brevi ma violente precipitazioni. La seconda motivazione è data dal fatto che una simile attività formativa vuole fornire una serie di competenze spendibili in tutto il mondo, compresi i paesi d’origine di questi ragazzi, nel caso in cui sia possibile un loro ritorno.
Uno scopo in più Lavorando negli orti dell’Osservanza, ci siamo resi conto che un’esperienza come questa può raggiungere anche uno scopo “ex post”: quello di aumentare l’autostima dei ragazzi coinvolti, quasi tutti reduci da esperienze traumatiche e impossibilitati a svolgere gratificanti attività lavorative o di studio per via di mere questioni burocratiche. Non a caso, alcuni di loro si sono appassionati a tal punto da chiedere di partecipare anche al gruppo di coprogettazione delle aree ortive dell’ex villa Salus.
Da Villa Aldini a Salus Space Per concludere, possiamo dire che negli orti dell’Osservanza stiamo gettando le basi per impostare nel modo giusto il progetto di Saluspace. Ovviamente non è detto che tutti i richiedenti asilo con i quali stiamo attualmente lavorando andranno a vivere nella nuova realtà di via Malvezza, sia perché le loro situazioni personali sono instabili, sia perché i tempi del progetto sono relativamente lunghi. Però finora abbiamo riscontrato un grande interesse da parte di molti ragazzi, e siamo sicuri che alcuni di loro saranno coinvolti all’interno di Salu Space.
Per essere dei bravi giardinieri hanno dovuto coltivare lo spirito di osservazione, la pazienza, la generosità, il buon umore, il buon senso. E ora raccolgono i frutti di queste doti, sia nei giardini dell’Osservanza che dentro se stessi. Da maggio ad oggi, i ragazzi di villa Aldini hanno piantato e fatto crescere negli orti le verdure di stagione. E mano a mano che le piante affioravano dalla terra e si protendevano verso il cielo, in loro sono cresciute la fiducia, la speranza e l’autostima: niente male, per i profughi e i richiedenti asilo che sul colle fuori porta San Mamolo sono ancora in cerca di una traccia di futuro; ma che per un paio d’ore, in un mite pomeriggio di settembre, ci hanno raccontato di aver cominciato a tracciare un solco che nei prossimi anni potrebbe arrivare fino a Villa Salus, grazie alla comune supervisione di Rescue-AB e all’impegno della squadra di coprogettazione degli orti previsti nell’area dell’ex casa di cura di via Malvezza.
Mentre le nuvole ci passavano sopra silenziose e silenziosi grovigli di radici ci passavano sotto, abbiamo parlato insieme a loro di quegli orti ritagliati nei campi scoscesi del convento francescano. “All’inizio la cosa più difficile”, ci hanno detto, “è stata fare a meno dello sgocciolatore capendo quanta acqua si doveva usare per l’innaffiatura. Quest’estate, quando faceva un gran caldo, le piante avevano le foglie in su e ci dicevano di aver sete. Non parlavano, è vero, ma si muovevano, e bisognava stare attenti per capirlo. Era il loro modo di dire: ci date troppa acqua o, al contrario, ce ne date troppo poca”.
Spirito di osservazione, pazienza e buon senso: almeno per qualche mese, persone arrivate da posti lontani del mondo hanno trovato, in questi orti, il loro posto al mondo. Non sappiamo se ciò sia accaduto per la più ancestrale delle complementarietà, quella tra uomini e piante, esseri viventi che si nutrono gli uni del respiro degli altri. Ma non abbiamo potuto fare a meno di pensare allo scrittore ottocentesco Henry David Thoreau, profeta del ritorno alla natura, che per riconciliarsi con se stesso visse due anni in una capanna in mezzo ai boschi, da solo, uscendone quasi indenne. E non siamo rimasti sorpresi nel vedere persone sradicate muoversi sicure tra i plot delle colture, calpestando una terra dove ora vorrebbero sul serio mettere radici, e non solo per tramandare i trucchi del mestiere ad altri rifugiati.
Abbiamo riconosciuto in loro il legittimo orgoglio di poter innescare un meccanismo virtuoso di autoapprendimento e autonomia: un modus operandi, applicabile anche a Salus Space, che presto ci faremo spiegare dalla viva voce di Giovanni Bazzocchi e Nicola Michelon. I due ricercatori universitari di Rescue-AB parleranno con noi di minimi e massimi sistemi, ma stavolta non ci sarà bisogno di scomodare Thoreau. Basterà ricordare gli sguardi dei ragazzi di villa Aldini, incrociati in un mite pomeriggio di fine estate, per far capire che coltivare un orto è anche questo: una promessa di felicità.
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