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Lungo il confine est del Quartiere Savena, c’è il “Villaggio delle Due Madonne”, sorto negli anni cinquanta e cresciuto fino agli anni ottanta. La sua peculiarità (pur  essendo un rione di periferia) sta nel come venne pensato dagli architetti di allora che lo costruirono intorno ad una piazza con dei portici, negozi, panchine, una chiesa, una fontanella, molti alberi e la statua dedicata all’eroe greco che alla piazza dà il suo nome: Gregoris Lambrakis.

Sabati_VillaggioVien da se che nell’Agorà gli abitanti  si ritrovino per fare Comunità e da una Comunità nascano iniziative d’ogni genere rivolte a tutti, grandi e piccini. Sotto il portico che costeggia la chiesa parrocchiale, in un piccolo negozio ormai dismesso, Nicoletta Magnani dal 4 ottobre 2017 ha avuto l’intuizione di aprire un piccolo spazio aperto a chiunque voglia produrre un’ idea da condividere con gli altri e lo ha chiamato: “ LaMiaCasinaBella”.  Ha subito organizzato un book crossing tra i negozianti  sistemando, davanti alle loro vetrine, delle cassette verdi piene di libri che chiunque può prendere, leggere, tenere, riconsegnare o arricchire con i propri. Ora viene il bello. Nicoletta, per questo autunno, ha pensato di organizzare quatto incontri culturali che avessero per tema il rapporto tra cibo e libri.

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Li ha chiamati “I Sabati del Villaggio Due Madonne”; poi  ha posizionato delle comode sedie in un angolo del portico di piazza Lambrakis intimo e soleggiato, ha messo un microfono con un piccolo amplificatore, qualche tavolino e, ad ogni incontro, ha dato un titolo.  Così, da sabato 5 ottobre (con la mattinata animata dall’Associazione Malippo che ha dato il via alla rassegna con letture di strada ad alta voce) si sono susseguiti altri tre incontri con la finalità di presentare  dei testi “Golosi per Palati Intelligenti” nelle giornate del 12, 19, e 26 ottobre. Durante il primo incontro, i partecipanti, alternandosi al microfono con 3/5 minuti a disposizione, hanno letto brani di libri, articoli di giornale, odi,  poesie dialettali, e racconti inediti scritti dagli stessi lettori ma con un unico tema : il “Cibo”. Durante l’incontro di sabato 12 ottobre, dalla collana “Brividi a Cena” della casa editrice “Edizioni del Loggione”, sono stati presentati e letti dai loro autori brani di racconti dal libro “Misteri e Manicaretti dell’Appennino Bolognese”. Sono racconti gialli che, ambientati  nei paesi del nostro Appennino(Tolè, Prunarolo, Bombiana, Castel d’Aiano…)  ruotano attorno ad una ricetta tipica della zona in cui si svolge la vicenda. Erano presenti, oltre all’editrice Katia Brentani, gli autori Carmine Caputo, Cristina Orlandi e Loretta Lusetti che non si sono limitati a leggere, ma hanno divertito il pubblico con aneddoti legati alle loro esperienze in quei luoghi. 

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Il sabato 19 ottobre, con il titolo “Siamo onnivori o no?”  è iniziato con una conferenza della dottoressa Anna Maria Baroni, nutrizionista ed esperta della Dieta Mediterranea,  per poi proseguire con la presentazione del libro “Vegetaliana” da parte della sua autrice Giuseppina Siotto che ha letto alcune ricette arricchendole di consigli, storie e tradizioni . sabati_villaggioQuesto è un libro che si basa su note di cucina italiana ma esclusivamente vegetale. L’editore è sempre Edizioni del Loggione e, a conclusione dell’evento, le attrici della CasinaBella hanno recitato una breve, ma  molto divertente, scenetta scritta da loro stesse.

All’ultimo incontro di sabato 26 ottobre, Nicoletta ha dato il titolo di “Bologna ti mangerei…”,  decisamente  azzeccato dal momento che il testo in questione ambientava i suoi racconti gialli tra i “Misteri e Manicaretti a Bologna”(Edizioni del Loggione).  Al tavolo dei relatori si è seduta anche la presidente del nostro Quartiere Marzia Benassi in quanto direttamente coinvolta, durante la stesura del libro,  come consulente. Al suo fianco il curatore  Simone Metalli, durante la presentazione del testo, ci ha svelato i misteri, le curiosità di una città che ama il cibo come se stessa.  Al tavolo si sono succeduti alcuni degli autori (Fabrizio Nanetti, Cristina Greggio oltre allo stesso Simone) che, ambientando in ognuno dei 6 quartieri cittadini il proprio racconto, hanno spiegato come sono riusciti a legare una ricetta tipicamente bolognese al mistero della vicenda gialla.

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I quattro appuntamenti, che si sono svolti dalle 10,00 alle 12,00, sono stati benedetti da Giove Pluvio che ci ha sempre regalato tempo tiepido e sereno. Allo scoccare dei rintocchi del mezzodì, le parole hanno ceduto il posto al cibo con un buffet/aperitivo offerto da alcuni dei negozianti che  affacciano le loro attività sulla piazza; un vera e propria azione di Comunità! Ed alcuni dei partecipanti sono arrivati anche da fuori zona, non solo dal Quartiere Savena!
Di queste belle iniziative culturali, interessanti e divertenti, ce n’è richiesta e se si potesse sfruttare al meglio uno spazio così accogliente, carino, sicuro, sufficientemente ampio come piazza Lambrakis designandovi un sito dedicato e gestito dalla Comunità locale affinché possa  svolgere attività d’ogni genere rivolte a cittadini di ogni età, etnia e religione, ecco che avremmo avviato nella pratica quotidiana quello che, nella teoria delle parole, si chiama integrazione!!!

testo e foto di Rita Roatti

 

Per tre settimane i portafogli sono rimasti chiusi. Nessuno ci ha rimesso, nessuno ci ha guadagnato. O ci hanno guadagnato tutti, a seconda dei punti di vista.

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Perché chi è uscito dalla libreria della Festa Unità Due Madonne, in questo caldo giugno, si è sicuramente sentito più ricco di quando era entrato: magari aveva un libro in tasca; magari ne aveva lasciati una manciata, di quelli che prendevano polvere sull’ultimo scaffale del salotto; o forse aveva solo passato un po’ di tempo a chiacchierare con uno dei ragazzi di LiberRodaria, il progetto di Casa Rodari che da un paio d’anni gestisce lo scambio gratuito di opere letterarie in vari luoghi del quartiere Savena. E in tutte le postazioni (temporanee alla festa dell’Unità, permanenti altrove) i libri sono liberi. Non si comprano e non si vendono. Passano dalle mani di chi li ha letti a quelle di chi desidera leggerli. Si può entrare, prenderne uno o anche più e, se si vuole, portarne altri.

Libreria_Unità

Il costante rifornimento del materiale è garantito dal gruppo di lettura della Mediateca di San Lazzaro, di cui fanno parte anche Nemo e Gianluca, due ospiti di Casa Rodari ormai avvezzi a leggere e maneggiare libri. 

“Però quello che ci piace di più è conoscere persone nuove”, dicono. E di incontri, da qualche anno in qua, ne stanno facendo tanti. Fra gli scaffali della festa dell’Unità sono sfilati vecchi e giovani militanti, intere famiglie con le crescentine in mano, bibliofili e semplici curiosi. Ma lo stesso viavai anima ogni giorno la “Mini Libreria di Tutti”, allestita da Casa Rodari all’interno del centro commerciale Fossolo 1. Fateci un salto, se capitate nei paraggi, e lasciate stare il portafoglio. Anche qui l’unica regola è che non ci sono regole: i libri si possono prendere, portare, abbandonare, tenere, riconsegnare e regalare. Non importa. L’importante è che siano liberi.

di Sergio Palladini

 

 

Campetto_Casa_GianniEcco la seconda puntata del nostro viaggio nel mondo dello sport nel Quartiere Savena, grazie a Emanuele Greco e al suo libro edito da Deltra 3 Edizioni nel 2008. L’articolo è tratto infatti da “Voci del Villaggio – Persone, luoghi, avvenimenti. 1957/2007: 50 anni di storia del Villaggio Due Madonne”.

Voci_del_Villaggio_copertina

Ogni tanto si sente dire da qualche cittadino del Villaggio che nel nostro rione non c’è tanto verde; forse è vero, anche se da alcuni anni possiamo usufruire del giardino di via Carli e non distante dalle Due Madonne c’è il grandissimo Parco dei Cedri. In ogni caso, la mancanza di verde era ben compensata, almeno per la gioia degli amanti del pallone, dai tanti campi e campetti di calcio, sorti un po’ ovunque e nel corso degli anni. Vorrei qui ricordare tutti questi luoghi.

Il campo del centro sportivo “Bonzi”

Costruito nella seconda metà degli anni ’60. Fu quasi sempre adibito alle squadre ufficiali dei vari campionati dilettanti. C’era un severo custode che sorvegliava gli accessi. Noi ragazzini scalcavamo la rete di recinzione e giocavamo in quello che ci sembrava un vero e proprio stadio. Un gruppo di giovani del Villaggio scrisse una lettera accorata al Comune, consegnandola al signor Guandalini, un residente di via Carli che lavorava come impiegato in Quartiere (situato a quei tempi in via Lombardia). In quella lettera si avanzava un reclamo per il comportamento della signora Tinarelli (anche lei residente in via Carli), nominata provvisorio custode del centro sportivo e molto avara nel consentire ai ragazzi di accedere al campo per giocare. Il Comune rispose alla nostra lettera e per un po’ di tempo fu reso più agevole per noi l’uso del campo di calcio e del campetto di pallacanestro. Ci fu un periodo in cui lo spazio del campo riservato al pubblico era addirittura delimitato da una rete con in cima il filo spinato (roba da lager…). Poi questo obbrobrio venne rimosso.

Il sabato e la domenica per le partite ufficiali, per qualche anno fu allestito un chiosco per le consumazioni del pubblico tifoso che a quei tempi era davvero numeroso. Gestiva la baracchina un’anziana signora di via Carli – ora ho dimenticato il nome – che aveva una automobile “giardinetta”, ed era una delle prime donne del Villaggio che rammento di aver visto alla guida di una macchina. Nel chiosco si vendeva un po’ di tutto e noi ragazzini eravamo ingaggiati per andare a vendere bibite e “brustolini” direttamente raggiungendo il pubblico assiepato sulle reti di recinzione intento a godersi la partita. Potevamo così racimolare qualche soldino per acquistare uno di quei palloni di gomma che vendeva il tabaccaio sotto i portici. Un pallone che “volava”, come si soleva dire: si calciava sulla destra del portiere, e quello invece se ne andava dove voleva lui, a sinistra o in alto… Erano pochi quelli che si potevamo permettere un pallone di cuoio o le mitiche scarpette coi chiodi regolamentari da calcio.

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Il campo di via Carli

Per anni usato anche come sede degli allenamenti (anche in “notturna”, con l’impianto di illuminazione). Era il luogo più frequentato in assoluto dai ragazzi del villaggio, a tutte le ore, soprattutto nel pomeriggio per le mitiche, continue (e indimenticabili) partitelle tra amici.

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Il campetto in via Carli dove sorse il centro sociale

Di questo campetto non sono riuscito a reperire delle immagini. Ma dentro di me il ricordo resta impresso in modo indelebile. Prima ancora che fosse agibile il campo di via Carli (vedi sopra), qui noi giocavamo a pallone e facevamo delle appassionate e avvincenti partite anche la domenica iniziando alle 8 del mattino! Che entusiasmo! Ricordo che tutto il campo era a nostra disposizione, in qualunque momento della giornata; solo all’inizio del campo, in uno spiazzo verde a ridosso della strada, era stato allestito un angolo con dei giochi, dondoli, e panchine, una sorta di giardinetto anche per bambini, anziani, e famiglie.

Il campetto della parrocchia

All’inizio, quando furono costruiti i campetti sportivi delle “Opere parrocchiali”, questo spazio era adibito per il gioco del tennis. In seguito fu trasformato in mini campo di calcio. Il terreno purtroppo è ghiaioso.

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Il campo del “Pratone”

Ricavato da uno spazio rimasto libero dopo la costruzione di nuovi palazzi adiacenti al Villaggio. Questo campo fu allestito grazie all’opera volontaria di giovani e adulti nuovi residenti di questi palazzi edificati dalle cooperative. Anni dopo questo campo stava per essere sacrificato in nome dell’edilizia, vi era infatti il progetto di erigere nuovi casermoni popolari, ma la mobilitazione della gente fece cancellare il progetto e così fu salvato il campo di calcio faticosamente conquistato.

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Il campetto della caserma

Tra via Due Madonne e via Mondolfo. Si vedevano spesso i giovani di leva giocare a pallone con l’inconfondibile maglietta verde scuro militare. In seguito presero l’abitudine di giocare nel campo di via Carli, a pochi metri dalla caserma.

Campetto_della_caserma

Il campetto di Casa Gianni

Quando venne aperta “Casa Gianni” (comunità diurna per il recupero di giovani ex-tossicodipendenti) fu costruito anche un piccolo campo di calcio che in questo modo arricchisce il panorama dei tanti campi di football delle “Due Madonne”.

Campetto_casa_Gianni

Voci del Villaggio - copertinaCome succedeva una volta sulle ruote di Roma e Napoli, è arrivato il momento del secondo estratto dalle “Voci del Villaggio” (Edizioni Delta 3, 2008-qui la prima puntata). A differenza del vecchio Enalotto, però, l’esito di questo sorteggio non è per niente casuale: il ’57 è infatti l’anno del trasferimento di tantissime famiglie alle Due Madonne, l’anno in cui le strade del rione cominciano ad animarsi e l’anno di nascita delle prime attività autoctone (commerciali, sociali e religiose). Una specie di “anno uno”, insomma.

Per rievocare quel momento germinale, Emanuele Grieco ha inserito nel prologo del suo libro un breve testo autobiografico della sorella Marineva. È un racconto al tempo stesso lucido e trasognato, in cui l’autrice, attraverso una serie di dissolvenze incrociate, compone una panoramica dei luoghi dove ha trascorso l’infanzia. Luoghi presenti tutt’oggi nelle mappe di Bologna, ma che la sua memoria sembra rendere unici, perché i ricordi dell’infanzia sono alti un metro e venti e dopo è impossibile ritrovare lo stesso angolo.

Se ripensiamo a un compagno di classe o alla prima amica del cuore, a un attimo di felicità o a uno di disperazione, leghiamo sempre il ricordo a un posto determinato, a una luce particolare, a un velo di nebbia, a un raggio radente. O, come scrive Marineva rivedendosi giovane pioniera del villaggio Due Madonne, a una collina di detriti: dove una mattina del ’57 è spuntata, fulminea, la sagoma di una piccola indiana.

Sergio Palladini

Festa di Carnevale 1960

Il Villaggio

Ricordo l’estate del ’57 perché attraverso i primi dolori conobbi il valore dell’amicizia. Presto ci saremmo trasferiti nella casa nuova, così tanto nominata e desiderata dai miei genitori che anch’io ne fantasticavo come di un atteso giocattolo. Non ho memoria delle precedenti abitazioni, ma dei luoghi dei miei divertimenti infantili, sì.
Piazza Maggiore, dove rincorrevo capannelli di piccioni per sentire il crepitio delle loro ali, mentre spaventati si alzavano in volo e lasciavano cadere nel mulinello d’aria minuscole piume ondeggianti. I Giardini Margherita, popolati di bambini, mamme e militari, dove i piccoli analfabeti scorazzavano sui prati, incuranti del cartello VIETATO CALPESTARE LE AIUOLE. Anch’io ero attratta dalle margheritine bianche e mi spingevo qualche passo oltre il lecito per raccoglierle, salvo fare un veloce dietrofront quando vedevo comparire la divisa del vigile. Le sale vuote dei cinema dove ogni pomeriggio mi recavo con mio padre. Proiettavano storie di gladiatori che combattevano contro i leoni, perfide egiziane murate nelle loro piramidi e danzatrici in tutù che volteggiavano lievi come zucchero filato.

E’ difficile esprimere la delusione di un bambino, però ricordo che mi sentii tradita quando vidi dove avremmo abitato. Per raggiungere il Villaggio Due Madonne, dopo due autobus, si attraversavano strade non ancora asfaltate, e da desolati e polverosi rettangoli di terra spuntavano enormi palazzi che a me sembrava nascondessero il cielo. Non c’erano giardini, non c’erano negozi, non c’erano cinema e non c’erano bambini.
Per giorni giocai nel cortile fra i calcinacci, sola e annoiata. Una mattina, spuntata da una collina di detriti mi apparve una piccola squaw, aveva trecce nere così lunghe che le dondolavano ai fianchi. Ci guardammo e ci studiammo per un po’ con aria impacciata, poi presi il coraggio e le chiesi: “sono tue le trecce?”. Il suo nome era Maria ed è stata per cinque anni l’amica del cuore, abbiamo diviso pane burro e zucchero che ci preparava sua madre, “amato” lo stesso bambino, Gianni, e faticato a raddrizzare aste con un pennino spuntato. L’ho convinta a fare “fughino” da scuola in seconda elementare e lei a portarmi in parrocchia a cantare. Ci siamo perse per strade di campagna per cercare i profumati fiori violetti del cipollaccio e abbiamo raccolto sporte di dormienti lumache, mangiato i frutti del biancospino e succhiato il nettare al trifoglio.
Crescevamo in fretta, i nostri corpi si allungavano come rami a primavera, e presto cominciò la stagione della potatura con i divieti di andare, di fare, di frequentare. Il quartiere si sviluppò, dopo le strade, costruirono muri e balaustre di ferro tra le case, così noi, divise come recluse, ci parlavamo attraverso le sbarre.

Tra la stretta feritoia della ringhiera mi apparve una mattina come un fantasma: le trecce tagliate, i cortissimi capelli a pennacchio, il viso smunto, le occhiaie. Provai incredulità, come un dolore e la sensazione paurosa che l’infanzia stesse finendo. Gli adulti avevano deciso per noi, ma coincideva con il cambiamento inevitabile verso l’adolescenza.
Le scelte di scuola e di vita furono diverse e ci rivedemmo solo trentenni. Avevamo tante cose nuove da raccontarci, preferimmo fermarci al “ti ricordi di…?”. Sì, perché per me lei era ancora la piccola squaw dalle lunghe trecce ed io la bambina maschiaccio con i pantaloncini.

Marineva Grieco

bambini in giostra nel 1957

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In una guida turistica o in un manuale si può sempre rintracciare la voce di cui abbiamo bisogno.
In una guida “sentimentale”, al contrario, ogni voce è sparsa e non ci sono rimandi. Ma attraverso le voci è anche possibile raccontare un luogo, la sua storia e i suoi abitanti, in un modo al tempo stesso personale e sistematico: proprio quel che è riuscito a fare Emanuele Grieco con il rione Due Madonne.
Le sue “Voci del Villaggio”, pubblicate dieci anni fa e ordinate secondo i criteri dell’alfabeto e del cuore, costituiscono infatti un insostituibile almanacco storico di questa fetta di città per certi versi unica.
E compongono un diario di ricordi malinconici, di ironie argute e di considerazioni lievi fissate in una serie di spunti, scatti e parole-clic capaci di fotografare, di volta in volta, un panorama o un dettaglio del Villaggio.

Questa polifonia di voci “lontane ma sempre presenti” ci sembra ora perfettamente in grado di armonizzarsi nel coro del nostro blog, che dal materiale di Grieco ha già attinto preziose informazioni e foto. Perciò, a partire da oggi, cominceremo a pubblicare interi paragrafi di questa “villaggiopedia”, scelti a rotazione fra i sette capitoli che la compongono (“Storia religiosa”, “Storia politica”, Storia sociale e culturale”, “Il territorio – Villaggio e dintorni”, “Il villaggio dello sport”, “Persone”, “Com’eravamo”). Ringraziamo di cuore Emanuele per averci messo a disposizione il contenuto del suo libro (reperibile in una manciata di biblioteche cittadine) e lasciamo che ad aprire questa serie di contributi siano le sue parole più intime: quelle usate nell’introduzione per spiegare la genesi delle ricerche e per descrivere il tono delle voci che ascolteremo, un po’ alla volta, da qui in avanti.

Sergio Palladini

 

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Introduzione

Da alcuni anni, nella piazza del Villaggio Due Madonne, una volta al mese si svolge il “Mercatino delle cose antiche”. Questa esposizione – come altre analoghe in altre parti della città e della provincia – riscuote un notevole successo. Tanta gente visita i curiosi e pittoreschi banchetti e molti acquistano oggetti di vario tipo, magari quegli stessi oggetti che anni e decenni fa avevano gettato come cose inutili, sorpassate, ingombranti. Come afferma la scrittrice Antonia Arslan “la modernità iniziale si è stemperata in nostalgia di un buon tempo antico, e gli oggetti e le costruzioni una volta considerati attualissimi sono diventati oggetti di nostalgia antiquaria”. Anch’io sono un appassionato visitatore e un “topo di mercatini”, un cercatore accanito di “cose vecchie”. E forse, con lo stesso atteggiamento mentale, scruto nel passato, scavo nella memoria, ricerco le “cose antiche”, della mia famiglia, dei luoghi di origine dei miei familiari, della città in cui sono nato, del quartiere in cui ho vissuto. A volte penso che il passato, la storia, la memoria, hanno in sé un irresistibile fascino e, insieme, una perversa attrazione. Cos’è la memoria? A cosa serve? Scrive Guido Dotti che “la memoria è il luogo della mente e del cuore in cui, temprati dalle ferite del passato, discerniamo ciò che dell’oggi è degno di avere un futuro. Facendo memoria, anche di eventi drammatici, trasformiamo il passato in tesoro per l’oggi e promessa per l’avvenire, lo riscattiamo dall’oblio e dall’abisso del non senso. Memoria non significa riesumare il passato come fosse un cadavere, bensì ridargli vita per l’oggi e caricarlo di senso per il domani”.

Io sono nato a Bologna l’8 agosto 1956. Nel luglio 1957 – non avevo ancora un anno – la mia famiglia prese finalmente possesso del tanto agognato appartamento al Villaggio Due Madonne, in via Carli, dove io vivo tuttora. In un certo senso il Villaggio e io siamo nati e cresciuti insieme. E insieme abbiamo compiuto i 50 anni. Per ricordare questo duplice “giubileo” ho scritto queste note, cercando di mettere ordine nei ricordi miei, dei miei familiari e di tante altre persone e famiglie che ho ascoltato in questi mesi e che al Villaggio hanno vissuto per anni e decenni.
E’ necessario innanzitutto fare una premessa: questo è un libro a carattere amatoriale, non ha la pretesa e la natura di un lavoro scientifico, sia esso storico o sociologico. E’ solo il frutto dei ricordi e della ricerca di una persona che ha vissuto in questo luogo – il Villaggio Due Madonne – per 50 anni. In queste pagine non c’è la “storia ufficiale” del Villaggio, n’è tutto o la maggior parte della cronaca, delle persone e degli eventi del Villaggio. C’è solo una parte di quella realtà, quella vissuta e rammentata da me e da altre persone. Non avendo tenuto un diario nel corso degli anni ed essendo pochi i documenti della storia di questo mezzo secolo relativi al nostro rione, ho cercato di rivedere questo lungo periodo con gli occhi della memoria, scavando anche nei ricordi e nelle emozioni di diverse persone testimoni di questa realtà.

Ne è scaturito un ricco, variegato – e forse talora confuso – assemblaggio di persone, luoghi, fatti, parte della storia e della vita di questo territorio. Per quanto riguarda il periodo di riferimento, l’attenzione si è concentrata prevalentemente sugli anni di fondazione e di formazione del nostro rione, gli anni ’50 e ’60 e anche sul momento di forte sviluppo, negli anni ’70. Non mancano episodi e persone relative agli anni successivi, ma questi ultimi sono momenti più vicini all’attualità, ad un presente che spesso viviamo distrattamente e che sembra non lasciare tracce. Gli anni e i decenni più lontani, in cui il Villaggio è sorto, vengono qui rivissuti e rivisitati, non senza una venatura di nostalgia, di ricerca del “come eravamo”, per meglio capire come siamo.

Molte persone hanno contribuito alla elaborazione di questo libro, familiari, amici, vicini di casa, persone e famiglie testimoni di questi intensi anni di vita di un quartiere popolare un po’ speciale. Ho voluto ricordare tante persone, anche tra coloro che oggi non abitano più al Villaggio e neppure nella nostra città, anche per tentare di soddisfare quella umana, naturale curiosità che spinge a chiederci, talora: che fine ha fatto quella persona che conoscevo? Dov’è andato quel ragazzo che giocava con me? Cosa avrà fatto nella vita quel mio ex-compagno di scuola o quella giovane che incontravo in parrocchia o nella piazzetta? Domande normali, che forse nella vita tumultuosa di una città si stemperano e non trovano accoglienza o risposta, ma il Villaggio, invece, è sempre stato come un paese, soprattutto nei primi anni e decenni, quando era più decentrato, isolato dal resto del quartiere e della città. La piazza e la chiesa al suo centro e tutto il centro abitato attorno, anche questo ricorda un paese. I negozi, i portici, i luoghi di aggregazione sociale, i palazzi e i caseggiati popolari, i cortili, i campi, le grandi strade di riferimento esterne al rione, come la via Emilia, i tanti problemi e desideri comuni a molte persone e famiglie, la vita religiosa e anche politica e sociale per molti versi comune a molti individui, questo e altro hanno fatto percepire il Villaggio come un paese. Sensazione che in parte è rimasta, nonostante i grandi mutamenti degli ultimi anni e nonostante la creazione di nuove strade, case, strutture che hanno modificato i confini del Villaggio e fatto penetrare (e confondere) il rione nel resto del quartiere e di Bologna.

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Quanto sia cambiato il Villaggio rispetto ai tempi della sua fondazione, lo può testimoniare, indirettamente, un fatto apparentemente minimo, marginale, una notizia ricavata sfogliando le annate del Bollettino Parrocchiale della Parrocchia “Nostra Signora della Fiducia”: nel primo numero, del febbraio 1959, il parroco ricordando le date e gli orari delle benedizioni pasquali alle famiglie, comunica che il 23 marzo sarebbe stato il turno delle “case coloniche in cui si diede la benedizione di S. Antonio”. Il ricordo di queste case di campagna, ben impresso in alcuni abitanti del Villaggio, da solo basterebbe a indicare l’intensità delle trasformazioni avvenute nel corso degli anni.

In questo libro sono ricordate anche persone che non ci sono più, ma che tanti ricordano con piacere, affetto e che hanno fatto del bene alla comunità, sia essa quella parrocchiale o politica, sociale, in generale. Non tutto ho potuto conoscere, rintracciare e rievocare in questo libro, ma certamente qualcosa del Villaggio, dei suoi 50 anni, della gente che vi ha vissuto, degli eventi accaduti, dei luoghi rimasti identici e di altri radicalmente trasformati. Qualcosa che è entrato per sempre dentro di me e dentro il cuore e la mente di tante persone, qualcosa che ha a che fare con la mia e la nostra identità personale e collettiva. Ripercorrendo i luoghi del Villaggio – sia nella memoria, sia fisicamente – mi accorgo come sono cambiati e come sono cambiato io, come tutto è mutato. Capisco e ricordo come giocare e correre in queste strade, nei campi, abitare in queste case popolari, attraversare e fermarsi nella piazza, parlare con tante persone, tutto questo e altro che si è svolto qui, ha contribuito fortemente alla mia formazione, alla mia identità. Le “Due Madonne” sono diventate, così, un luogo e un evento, importante, centrale nella mia esistenza. Andare a ritroso nei diversi fatti che hanno caratterizzato questo territorio, è anche andare indietro nella mia vita, nei vari momenti vissuti, nelle persone che hanno segnato la mia crescita, la mia evoluzione. Mi accorgo di come sono cambiato, in questi anni, anche nel modo di vedere la vita, gli altri, la religione, la politica, il valore del presente e del futuro. Ri-vedere e ri-percorrere tante persone, luoghi, eventi della storia del Villaggio mi ha aiutato a capire un po’ di più me stesso, a dare un senso a questi anni. Ha consentito, anche, di rendere più consapevole il senso di appartenenza ad una comunità in cui ho trascorso buona parte della mia vita.

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Uno stimolo forte a scrivere queste note è venuto anche dalla pubblicazione di due preziosi libri sul Villaggio, il primo nel 2003, a cura della Biblioteca di quartiere “Natalia Ginzburg”, il secondo, nel 2008, per i 50 anni di storia della Parrocchia “Nostra Signora della Fiducia”.
Volumi importanti, ben fatti, riccamente illustrati e documentati. Questa mia pubblicazione, vuole invece essere diversa, non solo perché è amatoriale, ma perché di genere, in un certo senso, “diaristico”, “memorialistico”, e più orientata verso un insieme, talora semplice, quotidiano, di persone, luoghi, eventi. Ho cercato infatti di rievocare anche piccoli aspetti di vita quotidiana, concreta, minuta e di rendere omaggio a innumerevoli persone che con il loro lavoro, l’arte, la religione, la politica, gli studi, hanno dato “lustro” al Villaggio (ma anche alla città, e oltre). Si può dire che hanno “beneficato” la loro comunità di appartenenza, ed è giusto ricordarli, e farli conoscere ai più giovani.

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Ho sempre pensato che la storia, tanto più di un quartiere, di un territorio, è intessuta dell’esistenza multiforme di tante persone e famiglie, e da un insieme di “microstorie di vita” che rendono in qualche modo unici, “speciali”, quel territorio e la sua storia, differenziandoli da tutti gli altri, anche tra quelli analoghi, sorti nel medesimo periodo. Perché come ogni individuo è diverso da un altro e la sua storia è irripetibile, così, la complessa relazione di tanti individui diversi in un contesto sociale particolare, dà vita a un irripetibile svolgersi di eventi, ad una storia che va ricordata – e salvata – proprio perché preziosa in quanto unica.

Così, forse, un giorno, in un banchetto di un “Mercatino delle cose antiche” qualcuno troverà qualcosa di questa storia e chissà, forse anche una vecchia copia ingiallita di questo libro.

Emanuele Grieco


Vi proponiamo un po’ di appuntamenti per il mese di dicembre nel Quartiere Savena. Se volete inviarci delle segnalazioni potete scrivere a: redazione@saluspace.eu. Grazie!
Martedì 5 dicembre e martedì 12 dicembre due proiezioni per “Insieme al Cinema – Sorrisi prima di Natale”, appuntamento organizzato dall’Oratorio S. Giovanni Bosco, in via Bartolomeo Maria dal Monte 16, a Bologna. Alle 20,45 (con ingresso a offerta libera) nella sala teatro si potrà vedere martedì 5  “Basta che funzioni”, film di Woody Allen, martedì 12 invece “Inside Out”.
L’ultimo evento organizzato per il 2017 dal Comitato del Villaggio Due Madonne sarà mercoledì 13 dicembre alle ore 21 nella Sala Centrale del Condominio Cavedone2, in via Genova 23/2, in collaborazione con il “Comitato per il tempo libero CA2”. Si ragionerà, insieme a Sandra Fiumi, sulla medicina ed i grandi medici del passato; sul rapporto, sempre conflittuale, tra medicina e religione; sugli strumenti, sulle competenze, sulla diagnostica e sulla cura e di ciò che si vorrebbe dal medico. Nella “casa del dottore” trovata negli scavi romani di Rimini, insieme ai suoi strumenti chirurgici, è venuta alla luce una scritta significativa. Il medico si chiamava Eutiches, e accanto al suo nome qualcuno aveva scritto “homo bonus”…
Lo stesso giorno, mercoledì 13 dicembre alle ore 19.30 nella Sala del Consiglio del Centro Civico di Via Faenza 4, si terrà il Consiglio di Quartiere del Savena, aperto alla cittadinanza e dedicato al tema della mobilità. Parteciperà l’Assessore alle politiche per la mobilità del Comune di Bologna, Irene Priolo, che presenterà il nuovo Piano Urbano per la Mobilità Sostenibile e il Piano Generale del Traffico Urbano.
Giovedì 14 dicembre ci sarà la festa di Natale, sempre nella sede del Quartiere di via Faenza 4. L’appuntamento è alle 18, nella piazza coperta saranno allestiti i banchetti di associazioni del territorio, l'”intrattenimento” sarà a cura di: nativi musicali, ASD Olitango, Casa Rodari e Polisportiva Pontevecchio. Ad aprire il pomeriggio, i saluti della Presidente del Quartiere Marzia Benassi.
Sabato 16 dicembre una commedia teatrale dal titolo: “Cuoio, erba, sudore. Il Novecento di Bologna raccontato dai suoi calciatori e non solo.” L’appuntamento, gratuito, è per le 10,30 nella Sala Polivalente Romano Martelli, via Faenza 4.  La regia è di Orfeo Orlando e l’evento è a cura dell’Associazione Percorso della memoria Rossoblu.
Con il patrocinio del Quartiere Savena, nel mese di dicembre si terrà l’iniziativa “Il Villaggio di Natale”, mercatino dei creativi con artigianato artistico, vintage, collezionismo, prodotti tipici oltre a laboratori per i più piccoli. In via Sardegna venerdì 1,15 e 22 dicembre dalle 15 alle 19, ed i sabati 2, 9, 16 e 23 dicembre dalle 9 alle 19 in via Sardegna e Lombardia. Per informazioni 347 7702475

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