Salus SpaceArchives
Tra qualche giorno il negozio di via Abba 26 sarà consegnato, rimesso a nuovo, al Quartiere Savena. Diventerà un punto di riferimento per le associazioni della zona, che potranno contare su questo spazio che è stato al centro della formazione in cantiere parte del progetto Salus Space curata da Csapsa e rivolta a richiedenti asilo e rifugiati.
Formazione_cantiere
In ottobre si è tenuto il corso sicurezza, poi alla fine del mese è iniziato lo stage che si è concluso il 23 dicembre 2020.
La durata complessiva della formazione è stata di 300 ore. A concludere con impegno e costanza sono stati tre ragazzi.
Alessia Melella, coordinatrice e tutor dei progetti di inserimento lavorativo per Csapsa, ci racconta come è andata.

Noi siamo andati a trovare il gruppo di lavoro nel mese di dicembre 2020. A seguire i ragazzi e a spiegare passo passo il lavoro da svolgere c’era Fabio Arcangeli, responsabile del cantiere.

 

 

 

Uno dei partner di Salus Space, Cefal, ci ha fatto un regalo: una serie di scatti fotografici realizzati durante il corso di formazione dedicato alla ristorazione e alla trasformazione di prodotti agro-alimentari.
Il corso è stato avviato da Cefal nell’autunno 2019 all’interno del progetto Salus Space, gli studenti hanno svolto 300 ore di studio e di pratica. Tra loro persone richiedenti asilo, persone rifugiate, persone italiane o straniere in condizione di disoccupazione, persone residenti nel quartiere Savena.
In sei hanno completato il percorso, frequentando 12 ore di sicurezza sul lavoro, 60 ore di  ristorazione, 50 ore di bar e sala, 40 ore di trasformazione dei prodotti agro-alimentari, 138 di stage.
L’emergenza Covid ha naturalmente complicato anche la realizzazione nel corso, soprattutto per quanto riguarda gli stage, che hanno avuto una battuta di arresto da marzo a giugno.

Il corso “Accomodation – addetto alle strutture ricettive” gestito da Ciofs è ripartito dopo lo stage e l’interruzione delle ultime giornate di attività dovuta al lockdown. I corsisti sono riusciti a svolgere lo stage in alcune strutture ricettive cittadine prima che tutto si fermasse.
Ecco quello che ci ha raccontato Luca Lambertini di Ciofs.
L’unico modo per portare a termine le ultime ore di lezione rimaste era quello a distanza. Per prima cosa i tutor del corso hanno effettuato una ricognizione tra gli allievi per capire se avessero tutti un pc o uno smartphone funzionante e una buona connessione, per individuare quali fossero gli orari più indicati per svolgere la lezione, per conoscere eventuali difficoltà. Fortunatamente quasi tutti hanno a disposizione una connessione, anche se spesso non molto stabile (alcuni studenti spesso perdono la connessione più volte) e tutti possiedono almeno uno smartphone per collegarsi e seguire le lezioni. Chi dispone solo dello smartphone riesce sì a seguire le lezioni (anche se su uno schermo di soli 5 pollici!) ma sta avendo grandi problemi nelle esercitazioni a distanza: scrivere, caricare e scaricare file, svolgere esercitazioni è molto complesso se non impossibile dal telefono.
Anche le condizioni di vita di ognuno possono creare problemi o condizionamenti. Chi ha bambini piccoli a casa deve conciliare la loro cura con le lezioni. Chi ha figli alle scuole secondarie deve condividere pc e connessione con loro, anch’essi impegnati nella didattica a distanza. Chi abita in comunità o in strutture SPRAR difficilmente ha a disposizione luoghi tranquilli e silenziosi per poter lavorare.
Nonostante questo i ragazzi stanno partecipato attivamente alle prime lezioni, la voglia di rivedersi e di sperimentare questa nuova modalità per ora sono un motore forte che permette di superare le tante difficoltà di questa modalità di lezione!

Il corso di formazione di Mondo Donna, all’interno del progetto Salus Space, prepara le partecipanti a lavorare nel mondo della ristorazione. Lorenzo Balbo è andato a trovarle.

Imparare a lavorare – o migliorare le proprie conoscenze – in sala e in cucina per poi, in futuro, trovare impiego nelle strutture ricettive, magari quelle di Salus Space: è questo l’obiettivo del corso di formazione organizzato dall’associazione Mondo Donna Onlus, da vent’anni impegnata nel creare servizi di accoglienza per donne immigrate, all’interno del progetto.
Il corso si articola in due fasi. La prima – teorica e uguale per tutte le partecipanti – è finalizzata ad acquisire conoscenze sui parametri di sicurezza lavorativa in Italia e altre competenze trasversali, utili a trovare lavoro nel settore della ristorazione: dura 26 ore, suddivise in 7 lezioni che si tengono presso la sede di Mondo Donna di via Brini 39/1, e termina a dicembre. A gennaio, invece, comincerà la seconda fase – pratica – che durerà 34 ore, articolate in 11 lezioni. Per ottenere l’attestato di frequenza è necessario partecipare a circa il 70% delle ore totali.

“Durante la prima lezione del corso sulle competenze trasversali, mercoledì 20 novembre, abbiamo riscontrato una forte motivazione da parte delle ragazze: all’interesse per il mondo della cucina, si è aggiunta la consapevolezza che Bologna offre tante possibilità di impiego nel mondo della ristorazione”, spiega Roberto Carta, project manager associazione, responsabile dell’organizzazione del corso.       .

A confermarlo sono le stesse partecipanti. “Ho trovato il corso tramite la mia operatrice di riferimento: mi piace molto e, un giorno, vorrei lavorare in un ristorante o in un albergo”, spiega Joceline, ragazza nata in Costa d’Avorio, in Italia da un anno e otto mesi, attualmente residente in una struttura abitativa gestita da Mondo Donna.
Anche Mokhieb è arrivata in Italia un anno e otto mesi, ma viene dall’Eritrea: “ho cominciato a cucinare in Italia, in futuro, vorrei lavorare in questo settore. Un operatore Mondo Donna mi ha mandata qui. Amo conoscere cibi di altre culture: per questo, ho imparato a fare lasagne, tortellini e tagliatelle”.
Il corso attrae anche donne stabilitesi da tempo nel nostro paese: è il caso di Noura, arrivata in Italia circa 16 anni dal Marocco: “ho sempre sognato di lavorare in cucina”, ci svela.

Continuiamo a presentare i corsi di formazione previsti dal progetto Salus Space. Dopo quello di orticoltura, Lorenzo Balbo ha visitato il corso di 300 ore per lavorare nella accoglienza turistica organizzato da Ciofs.

“All’interno del gruppo ci sono signore con bambini piccoli, gravate dall’impegno di doverli accompagnare a scuola al mattino; alcuni abitano a più di un’ora di distanza con i trasporti; altri hanno appena fatto la notte”. Sono quasi le 10 di mattina e, salendo le scale della sede bolognese in via San Savino 35-37, Luca Lambertini – responsabile e tutor di Ciofs (Centro italiano opere femminili salesiane) – introduce così i partecipanti al corso di formazione “Accomodation – addetto a strutture”, inserito all’interno del progetto “Salus Space”. “Al di là della motivazione personale, è l’ambiente umano a spingerli a un simile sacrificio”, dice Lambertini.

Il corso – finalizzato ad accrescere o acquisire competenze essenziali nel mondo della ristorazione e delle strutture ricettive medio-piccole (bed and breakfast, ostelli e piccoli alberghi) – è rivolto sia a richiedenti asilo sia a residenti in Italia da tempo. “La classe rispecchia questa eterogeneità: c’è chi è già uscito dalla rete Sprar o chi, italiano o di origine straniera con cittadinanza, risiede a Bologna da anni”, racconta Lambertini.

Suddivise in 180 ore teoriche e 120 di stage, le attività includono materie inerenti l’attività alberghiera –pulizie, accoglienza, gestione di prenotazioni e pagamenti –, ma anche di carattere più generali: su tutte, lo studio delle caratteristiche del sistema di accoglienza turistico di Bologna e la promozione, anche via web, di attività ricettive.
Particolare attenzione verrà rivolta alle cosiddette “competenze trasversali”, come la capacità di esprimersi in inglese, comunicare efficacemente e relazionarsi con il cliente.
La parte finale dell’esperienza sarà dedicata alla ricerca attiva di un lavoro: “insegneremo ai ragazzi come redigere un curriculum vitae, rispondere a annunci, candidarsi per e affrontare un colloquio di lavoro”, spiega Lambertini, che poi aggiunge: “in tal senso, lo stage è un’esperienza preziosa: oltre a poter essere inserito nel curriculum, può trasformarsi in una referenza o in una successiva collaborazione”.

“Il gruppo attuale è affiatato. La maggior parte dei partecipanti è composta da persone adulte con a carico una famiglia e dei lavoretti: questo impedisce una frequenza regolare. Tuttavia, le motivazioni sono sempre valide”, assicura Lambertini.
Leila – capoverdiana, in Italia da 20 anni – lavora in un bed and breakfast da 5 anni e vuole approfondire le sue conoscenze nel campo: “già in passato avevo chiesto di partecipare a un corso simile, quest’anno gli assistenti sociali mi hanno contattata per informarmi di questa bella opportunità e ho accettato”.
Abubacar è più giovane, è in Italia da 2 anni e mezzo: in questo periodo ha completato le superiori e ha seguito alcuni corsi di formazione e stage. “Ho fatto un tirocinio in albergo e ho capito che mi piacerebbe lavorare in questo campo: ne ho parlato con il mio tutor lavorativo, ed eccomi qua”, rivela.
Majd è arrivato in Italia 2 anni fa dalla Siria. “In passato, ho lavorato in un bed and breakfast, l’ho trovata una bella esperienza perché ho avuto l’opportunità di lavorare a contatto con persone di molti paesi: mi piace imparare lingue diverse, incontrare culture diverse. Ho trovato il corso online con il mio operatore. Non ho mai fatto un’esperienza simile in vita mia, mi trovo bene”.

Oltre all’aspetto formativo, la dimensione sociale del corso è molto importante: “si passano tre mesi con persone che vivono situazioni simili: questo può attivare dinamiche di aiuto e confronto. L’esperienza di gruppo non emerge negli indicatori, ma è fondamentale: è un modo per riflettere sulla propria storia lavorativa e per mantenere un impegno reale costante, nonostante le lezioni siano alle 9 di mattina in un luogo periferico”, conclude Lambertini.

 

Dall’autunno 2019, il gruppo teatrale Cantieri Meticci, partner del progetto Salus Space, organizzerà all’interno del Quartiere Savena laboratori artigianali e di teatro sociale, dove si sperimenterà la possibilità di creare equipe artistiche e professionali miste, formate da cittadini residenti, migranti, rifugiati e richiedenti asilo. Nello specifico, verranno lanciati quattro laboratori: sartoria, scenografia, laboratorio di teatro livello base e livello avanzato. Questi ultimi si terranno nel teatro della Parrocchia Nostra Signora della Fiducia di piazza Lambrakis, punto di ritrovo e di scambio del quartiere, mentre per gli altri due la location è ancora da definire. Nel corso della primavera e dell’estate verranno inoltre organizzati piccoli eventi, per cominciare a portare le attività sul territorio e a coinvolgere i residenti. Ecco un estratto della conversazione a cui hanno partecipato Pietro Floridia,  fondatore e regista dei Cantieri Meticci, Rita Roatti e Sergio Palladini, cittadini della redazione partecipata di Salus Space, e Lucia Manassi, di Open Group, coordinatrice della redazione.

cantieri_meticci

Redazione partecipata: Come pensate di coinvolgere gli abitanti del Quartiere nelle vostre attività?Pietro Floridia: “Nei nostri laboratori cercheremo di mescolare persone con esperienze e approcci diversi al teatro, alcuni più amatoriali, altri più professionali. Il laboratorio verrà costruito passo a passo proprio in base agli interessi di chi ne farà parte. È fondamentale che partecipino anche gli abitanti del quartiere, che ci aiuteranno a integrarci con il tessuto sociale e a capire la percezione che si ha di noi all’esterno. Bisogna fare di tutto per intercettare e coinvolgere persone di buona volontà, e convincerle che i temi che stanno a cuore alla comunità possono diventare oggetto del nostro lavoro artistico e teatrale”.

Per Cantieri Meticci quanto è importante il radicamento sul territorio?
“È un aspetto fondamentale. Il nostro modello è quello del teatro aperto, che va in giro per la città con eventi e iniziative. Ogni volta che costruiamo un nuovo spettacolo, infatti, cerchiamo sempre di pensarlo in modo che possa essere riproposto in luoghi diversi: teatri, spazi chiusi, ma soprattutto le strade, le piazze e le case delle persone. Il nostro lavoro non deve essere destinato solo a chi è abbonato a un teatro o ha la possibilità di spendere 20 euro per andare a vedere uno spettacolo”.

Quali esperienze ti hanno portato verso il teatro sociale?
“Dal 2001 ho iniziato a fare teatro in tutto il mondo: sono stato in Africa, Europa, Medio Oriente, Sud America… È stato proprio in America Latina che ho trovato l’ispirazione. Lì è normale che ciascun quartiere abbia una sua compagnia teatrale, dove ognuno si ritaglia un suo ruolo: c’è chi cucina, chi cuce i costumi, chi si occupa della logistica, e poi naturalmente ci sono gli attori, gli scenografi, i registi… È stato così che ho capito il valore della connessione tra i professionisti del teatro e la comunità, pensando a un rapporto diverso tra arte e persone”.

Quando hai iniziato a fare teatro?
“Io sono laureato in legge e durante il periodo dell’università mi ero iscritto a una scuola di teatro. Successivamente ho fatto l’assistente alla facoltà di criminologia, ma alla fine ho scelto la strada artistica e nel 1993 ho fondato il Teatro dell’Argine. Tutto è iniziato in una saletta nel centro giovanile di Ponticella, uno spazio concesso dal Comune di San Lazzaro. Io avevo studiato da attore, ma di anno in anno mi interessava sempre di più la regia e la scrittura. Il 1998 è stato un anno di svolta: il Comune aveva messo a bando la gestione dell’ITC Teatro, noi abbiamo partecipato e siamo riusciti a vincere con un progetto di forte radicamento territoriale. Poi sono stato direttore dell’ITC insieme a Paolucci e Bonazzi fino al 2013, quando ho fondato i Cantieri Meticci”.

Come è nato il progetto dei Cantieri Meticci?
“In quel periodo il contesto sociale era interessato da forti trasformazioni: diffusione di internet, crisi economica, migrazioni… La città stava cambiando. Per questo ho voluto staccarmi da una struttura già consolidata, dove il fronte di sperimentazione era più vincolato, per iniziare un nuovo progetto: volevo trovare un modo per adattare gli strumenti del mestiere teatrale ai cambiamenti del nostro tempo. Oggi il gruppo dei Cantieri Meticci è composti da una trentina di persone, più tutta la comunità di allievi, amici e simpatizzanti che ruotano attorno al progetto dei Quartieri teatrali, nato per portare i nostri laboratori in tutta la città”.

Nella foto, una performance dei Cantieri Meticci in Piazza Lambrakis

Uno degli elementi innovativi del progetto Salus Space è il mix di funzioni e attività che vi si svolgeranno. Luogo di accoglienza, ma anche di intrattenimento e produzione artigianale e artistica, ristorante multietnico, centro studi. E centro di formazione. Aperto agli abitanti, ma anche al territorio.

Gli abitanti, rifugiati e richiedenti asilo, persone e famiglie in temporanea difficoltà finanziaria, coinvolte nei programmi di transizione abitativa del Comune di Bologna, saranno attivamente impegnati nella gestione dei servizi. L’obiettivo è la creazione di una impresa di comunità. Cefal, come ci spiega Maria Grazia D’Alessandro, si occuperà della formazione delle persone su più livelli

Un altro ambito di formazione è quello delle attività ricettive, anche per formare le persone che gestiranno il Bed & Breakfast che aprirà i battenti all’interno di Salus Space. Di questo si sta occupando Ciof/fp Emilia Romagna, come spiega Luca Lambertini.

Individuare le competenze dei futuri abitanti di Salus Space e accompagnarli in un percorso di auto-impresa. Questo è il compito di Microimpresa, Ong con esperienza in Italia e all’estero. L’intervista a Katia Raguzzoni.

Le interviste sono state realizzate durante l’evento del 25 ottobre 2017 a Palazzo d’Accursio

 

 

 

Per ora nulla, ma molto sta accadendo intorno a Salus Space.

Prima di tutto un gruppo di tecnici sta valutando la soluzione migliore tra la ristrutturazione del vecchio stabile e il suo abbattimento e sostituzione con una nuova struttura. Questa ipotesi è presa in considerazione soprattutto per i costi che la messa a norma in materia di prevenzione rischio sismico farebbero gravare sulla riqualificazione della villa così come è oggi.

Nel frattempo i partner stanno lavorando insieme, attraverso un percorso partecipato, alla messa a fuoco del progetto complessivo. Si stanno immaginando gli spazi necessari per ogni attività, le relazioni che possono essere favorite dalla loro collocazione; si analizza ogni possibile declinazione e scelta, mettendo il fuoco su punti di forza e punti di debolezza. Riuniti in tavoli tematici, si discute e ci si confronta, le idee nascono e si precisano partendo dalle competenze e dalla creatività di ciascuno dei partecipanti.

Già da febbraio è cominciata un’ ampia mappatura del territorio, con la collaborazione del Quartiere Savena, per conoscere tutte le realtà attive nella zona e nello stesso tempo raccontare ciò che sta accadendo e accadrà in quella che era Villa Salus e che diventerà Salus Space. Stiamo incontrando le istituzioni, le associazioni, le strutture di accoglienza, i gruppi di cittadini attivi, gli abitanti che si sono raccolti in comitato…  tutti coloro che possono aiutarci ad avere un quadro completo della vita in questa parte di città e in un certo senso presentarci a loro.

Intrecciando le idee che nascono nel lavoro di co-progettazione tra partner e quelle che catturiamo incontrando gli abitanti stiamo iniziando ad immaginare una serie di iniziative che si terranno tra primavera ed estate 2017 nel parco di Salus Space. Se le strutture ancora non saranno agibili, lo sarà invece lo spazio verde attorno. E’ ancora troppo presto però per darvi anticipazioni…

Al lavoro già anche il gruppo di valutazione, che sta spiegando a tutti i partner come procedere al passo con quanto previsto dal progetto, come organizzare e programmare il lavoro considerando gli obiettivi previsti, scaglionati tra 2016 e 2019. Il gruppo di valutazione è aperto alla partecipazione dei cittadini, che potranno monitorare insieme ai tecnici esperti il lavoro che si sta sviluppando sul campo.

Forse ci stiamo dimenticando qualcosa, ma avremo modo di tenervi sempre aggiornati…

Se siete curiosi e volete informazioni, ecco i contatti a cui rivolgervi:

info@saluspace.eu (per informazioni sul progetto complessivo)

percorsopartecipato@saluspace.eu (per informazioni sul coinvolgimento dei cittadini)

redazione@saluspace.eu  (per partecipare alla redazione partecipata)

valutazione@saluspace.eu (per partecipare al gruppo di valutazione)

 

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