Coltivare pazienza e futuro. Un pomeriggio agli orti dell’Osservanza
Il gruppo di lavoro degli orti, insieme ad alcuni ragazzi ospitati a Villa Aldini, ha coltivato alcuni terreni in via dell’Osservanza. Un modello per la futura Salus Space
Il gruppo di lavoro degli orti, insieme ad alcuni ragazzi ospitati a Villa Aldini, ha coltivato alcuni terreni in via dell’Osservanza. Un modello per la futura Salus Space
Per essere dei bravi giardinieri hanno dovuto coltivare lo spirito di osservazione, la pazienza, la generosità, il buon umore, il buon senso. E ora raccolgono i frutti di queste doti, sia nei giardini dell’Osservanza che dentro se stessi. Da maggio ad oggi, i ragazzi di villa Aldini hanno piantato e fatto crescere negli orti le verdure di stagione. E mano a mano che le piante affioravano dalla terra e si protendevano verso il cielo, in loro sono cresciute la fiducia, la speranza e l’autostima: niente male, per i profughi e i richiedenti asilo che sul colle fuori porta San Mamolo sono ancora in cerca di una traccia di futuro; ma che per un paio d’ore, in un mite pomeriggio di settembre, ci hanno raccontato di aver cominciato a tracciare un solco che nei prossimi anni potrebbe arrivare fino a Villa Salus, grazie alla comune supervisione di Rescue-AB e all’impegno della squadra di coprogettazione degli orti previsti nell’area dell’ex casa di cura di via Malvezza.
Mentre le nuvole ci passavano sopra silenziose e silenziosi grovigli di radici ci passavano sotto, abbiamo parlato insieme a loro di quegli orti ritagliati nei campi scoscesi del convento francescano. “All’inizio la cosa più difficile”, ci hanno detto, “è stata fare a meno dello sgocciolatore capendo quanta acqua si doveva usare per l’innaffiatura. Quest’estate, quando faceva un gran caldo, le piante avevano le foglie in su e ci dicevano di aver sete. Non parlavano, è vero, ma si muovevano, e bisognava stare attenti per capirlo. Era il loro modo di dire: ci date troppa acqua o, al contrario, ce ne date troppo poca”.
Spirito di osservazione, pazienza e buon senso: almeno per qualche mese, persone arrivate da posti lontani del mondo hanno trovato, in questi orti, il loro posto al mondo. Non sappiamo se ciò sia accaduto per la più ancestrale delle complementarietà, quella tra uomini e piante, esseri viventi che si nutrono gli uni del respiro degli altri. Ma non abbiamo potuto fare a meno di pensare allo scrittore ottocentesco Henry David Thoreau, profeta del ritorno alla natura, che per riconciliarsi con se stesso visse due anni in una capanna in mezzo ai boschi, da solo, uscendone quasi indenne. E non siamo rimasti sorpresi nel vedere persone sradicate muoversi sicure tra i plot delle colture, calpestando una terra dove ora vorrebbero sul serio mettere radici, e non solo per tramandare i trucchi del mestiere ad altri rifugiati.
Abbiamo riconosciuto in loro il legittimo orgoglio di poter innescare un meccanismo virtuoso di autoapprendimento e autonomia: un modus operandi, applicabile anche a Salus Space, che presto ci faremo spiegare dalla viva voce di Giovanni Bazzocchi e Nicola Michelon. I due ricercatori universitari di Rescue-AB parleranno con noi di minimi e massimi sistemi, ma stavolta non ci sarà bisogno di scomodare Thoreau. Basterà ricordare gli sguardi dei ragazzi di villa Aldini, incrociati in un mite pomeriggio di fine estate, per far capire che coltivare un orto è anche questo: una promessa di felicità.
di Sergio Palladini
Abbiamo ricevuto un aggiornamento sul percorso di progettazione dei futuri orti di Salus Space…
Abbiamo ricevuto un aggiornamento sul percorso di progettazione dei futuri orti di Salus Space da Giovanni Bazzocchi, di ResCUE-AB (Centro Studi e Ricerche in Agricoltura Urbana e Biodiversità, Dipartimento Scienze Agrarie, Università di Bologna). ResCUE è nostro partner, così come la cooperativa Eta Beta. Insieme stanno coordinando il percorso che porterà alla creazione delle tre tipologie di orti che nasceranno a Salus Space.
La coprogettazione delle aree ortive procede a vele spiegate nonostante il caldo. Eccoci allo Spazio Battirame, complesso costituito da una casa colonica, una tensostruttura e diversi ettari di terreno all’interno della quale Eta Beta ha creato una sorta di smart village, con una cucina, un bar, attività artigianali temporanee, percorsi didattici, giardini e orti.
Protetti da una tettoia e rifoccillandoci con cocomero autoprodotto nell’Area Battirame, il gruppo di volontari, costituito da abitanti del quartiere, operatori sociali, persone richiedenti asilo, utenti delle cooperative sociali coinvolte a vario titolo nel progetto, ha immaginato l’orto ricreativo che vorrebbe. Dove sistemarlo? Come “arredarlo”? Quali fiori, piante, alberi? E come lasciare la libertà a chi vorrà, un domani, partecipare di metterci del proprio? Mille idee, ancora un po’ “volatili”, ma tutte ricche di desideri e condivisione… ci vedremo ancora e ancora, per dare loro l’opportunità di realizzarsi.
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