In una guida turistica o in un manuale si può sempre rintracciare la voce di cui abbiamo bisogno.
In una guida “sentimentale”, al contrario, ogni voce è sparsa e non ci sono rimandi. Ma attraverso le voci è anche possibile raccontare un luogo, la sua storia e i suoi abitanti, in un modo al tempo stesso personale e sistematico: proprio quel che è riuscito a fare Emanuele Grieco con il rione Due Madonne.
Le sue “Voci del Villaggio”, pubblicate dieci anni fa e ordinate secondo i criteri dell’alfabeto e del cuore, costituiscono infatti un insostituibile almanacco storico di questa fetta di città per certi versi unica.
E compongono un diario di ricordi malinconici, di ironie argute e di considerazioni lievi fissate in una serie di spunti, scatti e parole-clic capaci di fotografare, di volta in volta, un panorama o un dettaglio del Villaggio.
Questa polifonia di voci “lontane ma sempre presenti” ci sembra ora perfettamente in grado di armonizzarsi nel coro del nostro blog, che dal materiale di Grieco ha già attinto preziose informazioni e foto. Perciò, a partire da oggi, cominceremo a pubblicare interi paragrafi di questa “villaggiopedia”, scelti a rotazione fra i sette capitoli che la compongono (“Storia religiosa”, “Storia politica”, Storia sociale e culturale”, “Il territorio – Villaggio e dintorni”, “Il villaggio dello sport”, “Persone”, “Com’eravamo”). Ringraziamo di cuore Emanuele per averci messo a disposizione il contenuto del suo libro (reperibile in una manciata di biblioteche cittadine) e lasciamo che ad aprire questa serie di contributi siano le sue parole più intime: quelle usate nell’introduzione per spiegare la genesi delle ricerche e per descrivere il tono delle voci che ascolteremo, un po’ alla volta, da qui in avanti.
Sergio Palladini
Introduzione
Da alcuni anni, nella piazza del Villaggio Due Madonne, una volta al mese si svolge il “Mercatino delle cose antiche”. Questa esposizione – come altre analoghe in altre parti della città e della provincia – riscuote un notevole successo. Tanta gente visita i curiosi e pittoreschi banchetti e molti acquistano oggetti di vario tipo, magari quegli stessi oggetti che anni e decenni fa avevano gettato come cose inutili, sorpassate, ingombranti. Come afferma la scrittrice Antonia Arslan “la modernità iniziale si è stemperata in nostalgia di un buon tempo antico, e gli oggetti e le costruzioni una volta considerati attualissimi sono diventati oggetti di nostalgia antiquaria”. Anch’io sono un appassionato visitatore e un “topo di mercatini”, un cercatore accanito di “cose vecchie”. E forse, con lo stesso atteggiamento mentale, scruto nel passato, scavo nella memoria, ricerco le “cose antiche”, della mia famiglia, dei luoghi di origine dei miei familiari, della città in cui sono nato, del quartiere in cui ho vissuto. A volte penso che il passato, la storia, la memoria, hanno in sé un irresistibile fascino e, insieme, una perversa attrazione. Cos’è la memoria? A cosa serve? Scrive Guido Dotti che “la memoria è il luogo della mente e del cuore in cui, temprati dalle ferite del passato, discerniamo ciò che dell’oggi è degno di avere un futuro. Facendo memoria, anche di eventi drammatici, trasformiamo il passato in tesoro per l’oggi e promessa per l’avvenire, lo riscattiamo dall’oblio e dall’abisso del non senso. Memoria non significa riesumare il passato come fosse un cadavere, bensì ridargli vita per l’oggi e caricarlo di senso per il domani”.
Io sono nato a Bologna l’8 agosto 1956. Nel luglio 1957 – non avevo ancora un anno – la mia famiglia prese finalmente possesso del tanto agognato appartamento al Villaggio Due Madonne, in via Carli, dove io vivo tuttora. In un certo senso il Villaggio e io siamo nati e cresciuti insieme. E insieme abbiamo compiuto i 50 anni. Per ricordare questo duplice “giubileo” ho scritto queste note, cercando di mettere ordine nei ricordi miei, dei miei familiari e di tante altre persone e famiglie che ho ascoltato in questi mesi e che al Villaggio hanno vissuto per anni e decenni.
E’ necessario innanzitutto fare una premessa: questo è un libro a carattere amatoriale, non ha la pretesa e la natura di un lavoro scientifico, sia esso storico o sociologico. E’ solo il frutto dei ricordi e della ricerca di una persona che ha vissuto in questo luogo – il Villaggio Due Madonne – per 50 anni. In queste pagine non c’è la “storia ufficiale” del Villaggio, n’è tutto o la maggior parte della cronaca, delle persone e degli eventi del Villaggio. C’è solo una parte di quella realtà, quella vissuta e rammentata da me e da altre persone. Non avendo tenuto un diario nel corso degli anni ed essendo pochi i documenti della storia di questo mezzo secolo relativi al nostro rione, ho cercato di rivedere questo lungo periodo con gli occhi della memoria, scavando anche nei ricordi e nelle emozioni di diverse persone testimoni di questa realtà.
Ne è scaturito un ricco, variegato – e forse talora confuso – assemblaggio di persone, luoghi, fatti, parte della storia e della vita di questo territorio. Per quanto riguarda il periodo di riferimento, l’attenzione si è concentrata prevalentemente sugli anni di fondazione e di formazione del nostro rione, gli anni ’50 e ’60 e anche sul momento di forte sviluppo, negli anni ’70. Non mancano episodi e persone relative agli anni successivi, ma questi ultimi sono momenti più vicini all’attualità, ad un presente che spesso viviamo distrattamente e che sembra non lasciare tracce. Gli anni e i decenni più lontani, in cui il Villaggio è sorto, vengono qui rivissuti e rivisitati, non senza una venatura di nostalgia, di ricerca del “come eravamo”, per meglio capire come siamo.
Molte persone hanno contribuito alla elaborazione di questo libro, familiari, amici, vicini di casa, persone e famiglie testimoni di questi intensi anni di vita di un quartiere popolare un po’ speciale. Ho voluto ricordare tante persone, anche tra coloro che oggi non abitano più al Villaggio e neppure nella nostra città, anche per tentare di soddisfare quella umana, naturale curiosità che spinge a chiederci, talora: che fine ha fatto quella persona che conoscevo? Dov’è andato quel ragazzo che giocava con me? Cosa avrà fatto nella vita quel mio ex-compagno di scuola o quella giovane che incontravo in parrocchia o nella piazzetta? Domande normali, che forse nella vita tumultuosa di una città si stemperano e non trovano accoglienza o risposta, ma il Villaggio, invece, è sempre stato come un paese, soprattutto nei primi anni e decenni, quando era più decentrato, isolato dal resto del quartiere e della città. La piazza e la chiesa al suo centro e tutto il centro abitato attorno, anche questo ricorda un paese. I negozi, i portici, i luoghi di aggregazione sociale, i palazzi e i caseggiati popolari, i cortili, i campi, le grandi strade di riferimento esterne al rione, come la via Emilia, i tanti problemi e desideri comuni a molte persone e famiglie, la vita religiosa e anche politica e sociale per molti versi comune a molti individui, questo e altro hanno fatto percepire il Villaggio come un paese. Sensazione che in parte è rimasta, nonostante i grandi mutamenti degli ultimi anni e nonostante la creazione di nuove strade, case, strutture che hanno modificato i confini del Villaggio e fatto penetrare (e confondere) il rione nel resto del quartiere e di Bologna.
Quanto sia cambiato il Villaggio rispetto ai tempi della sua fondazione, lo può testimoniare, indirettamente, un fatto apparentemente minimo, marginale, una notizia ricavata sfogliando le annate del Bollettino Parrocchiale della Parrocchia “Nostra Signora della Fiducia”: nel primo numero, del febbraio 1959, il parroco ricordando le date e gli orari delle benedizioni pasquali alle famiglie, comunica che il 23 marzo sarebbe stato il turno delle “case coloniche in cui si diede la benedizione di S. Antonio”. Il ricordo di queste case di campagna, ben impresso in alcuni abitanti del Villaggio, da solo basterebbe a indicare l’intensità delle trasformazioni avvenute nel corso degli anni.
In questo libro sono ricordate anche persone che non ci sono più, ma che tanti ricordano con piacere, affetto e che hanno fatto del bene alla comunità, sia essa quella parrocchiale o politica, sociale, in generale. Non tutto ho potuto conoscere, rintracciare e rievocare in questo libro, ma certamente qualcosa del Villaggio, dei suoi 50 anni, della gente che vi ha vissuto, degli eventi accaduti, dei luoghi rimasti identici e di altri radicalmente trasformati. Qualcosa che è entrato per sempre dentro di me e dentro il cuore e la mente di tante persone, qualcosa che ha a che fare con la mia e la nostra identità personale e collettiva. Ripercorrendo i luoghi del Villaggio – sia nella memoria, sia fisicamente – mi accorgo come sono cambiati e come sono cambiato io, come tutto è mutato. Capisco e ricordo come giocare e correre in queste strade, nei campi, abitare in queste case popolari, attraversare e fermarsi nella piazza, parlare con tante persone, tutto questo e altro che si è svolto qui, ha contribuito fortemente alla mia formazione, alla mia identità. Le “Due Madonne” sono diventate, così, un luogo e un evento, importante, centrale nella mia esistenza. Andare a ritroso nei diversi fatti che hanno caratterizzato questo territorio, è anche andare indietro nella mia vita, nei vari momenti vissuti, nelle persone che hanno segnato la mia crescita, la mia evoluzione. Mi accorgo di come sono cambiato, in questi anni, anche nel modo di vedere la vita, gli altri, la religione, la politica, il valore del presente e del futuro. Ri-vedere e ri-percorrere tante persone, luoghi, eventi della storia del Villaggio mi ha aiutato a capire un po’ di più me stesso, a dare un senso a questi anni. Ha consentito, anche, di rendere più consapevole il senso di appartenenza ad una comunità in cui ho trascorso buona parte della mia vita.
Uno stimolo forte a scrivere queste note è venuto anche dalla pubblicazione di due preziosi libri sul Villaggio, il primo nel 2003, a cura della Biblioteca di quartiere “Natalia Ginzburg”, il secondo, nel 2008, per i 50 anni di storia della Parrocchia “Nostra Signora della Fiducia”.
Volumi importanti, ben fatti, riccamente illustrati e documentati. Questa mia pubblicazione, vuole invece essere diversa, non solo perché è amatoriale, ma perché di genere, in un certo senso, “diaristico”, “memorialistico”, e più orientata verso un insieme, talora semplice, quotidiano, di persone, luoghi, eventi. Ho cercato infatti di rievocare anche piccoli aspetti di vita quotidiana, concreta, minuta e di rendere omaggio a innumerevoli persone che con il loro lavoro, l’arte, la religione, la politica, gli studi, hanno dato “lustro” al Villaggio (ma anche alla città, e oltre). Si può dire che hanno “beneficato” la loro comunità di appartenenza, ed è giusto ricordarli, e farli conoscere ai più giovani.
Ho sempre pensato che la storia, tanto più di un quartiere, di un territorio, è intessuta dell’esistenza multiforme di tante persone e famiglie, e da un insieme di “microstorie di vita” che rendono in qualche modo unici, “speciali”, quel territorio e la sua storia, differenziandoli da tutti gli altri, anche tra quelli analoghi, sorti nel medesimo periodo. Perché come ogni individuo è diverso da un altro e la sua storia è irripetibile, così, la complessa relazione di tanti individui diversi in un contesto sociale particolare, dà vita a un irripetibile svolgersi di eventi, ad una storia che va ricordata – e salvata – proprio perché preziosa in quanto unica.
Così, forse, un giorno, in un banchetto di un “Mercatino delle cose antiche” qualcuno troverà qualcosa di questa storia e chissà, forse anche una vecchia copia ingiallita di questo libro.
Emanuele Grieco