Salus SpaceArchives

L’ultimo webinar del ciclo di incontri del Think Tank di Salus Space, organizzati da Comune di Bologna, DamsLab Università di Bologna, in collaborazione con l’Ats, è dedicato a “Agricoltura e società. Orti, agricoltura sociale ed economia circolare. Esperienze a confronto”.
Si terrà giovedì 29 aprile online dalle 16,00 alle 18 sul canale YouTube di Fermo Immagine a questo link:
https://www.youtube.com/watch?v=OWdF-WFOpRU

Intervengono:
Roberta Bartoletti, Professore Ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi della Università di Urbino, studiosa dei movimenti sociali legati al verde urbano, percorsi di partecipazione e di civic engagement
Giorgio Prosdocimi Gianquinto, Professore Ordinario di Orticoltura e Floricoltura Università di Bologna, responsabile Centro studi e ricerca in agricoltura urbana e biodiversità (ResCUE- AB), presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari (DISTAL), Università di Bologna
Giulia Trappoloni, Associazione 6000 Sardine, Portavoce del progetto Orti Popolari
Stefano Spillare, Ricercatore di Sociologia dei processi culturali e comunicativi Università di Bologna, collaboratore del progetto SINCE, Interreg Program, 2019-2022 sulla economica circolare in agricoltura

Introduce e modera
Roberta Paltrinieri, Professore Ordinario di Sociologia dei processi culturali e comunicativi Università di Bologna, responsabile scientifico del DAMSLab – Bologna

E’ un pomeriggio di aprile, di sole e aria fresca. Buona parte della comunità è al lavoro: in parte nell’orto, dove la motozappa donata dal Giardino dei folli è stata aggiustata e ha dato una mano a preparare il terreno, in parte si ritrova sulla scalinata per cominciare a immaginare, insieme ai Cantieri Meticci, che sono parte dell’Ats gestore di Salus, come creare una Tavola comunitaria.

I pannelli erano abbandonati in uno scantinato e ora tornano alla luce del sole per prendere forme diverse, per diventare relazione e immaginazione.

    

Nell’orto il lavoro avanza, e a giorni inizieranno gli scavi per un laghetto che sorgerà tra l’orto e il boschetto limitrofo, da utilizzare per l’irrigazione. A coordinare la progettazione c’è Aquaponic Design, parte dell’Ats, ma le braccia e le teste al lavoro sono molte: abitanti attuali e futuri, studenti e tirocinanti dell’Università di Bologna, cittadini che hanno seguito il corso del progetto europeo.

A nascere sarà un biolago di 50 metri quadri, un bacino per l’irrigazione per la raccolta dell’acqua piovana e del pozzo,

abitato da piante acquatiche e palustri e da pesci, non a scopo alimentare. A lato uno schizzo disegnato da Gian Marco Tamborra di Aquaponic Design, che lo ha progettato.
Vi daremo informazioni ulteriori alla partenza dei lavori!

Un webinar dedicato a “Città e comunità sostenibili” segna la ripresa del ciclo di incontri del Think Tank di Salus Space, organizzati da Comune di Bologna, DamsLab Università di Bologna e in collaborazione con l’Ats che gestisce la nuova Salus.
Si terrà mercoledì 21 aprile online dalle 16,30 alle 18 sul canale YouTube di fermo Immagine a questo link: https://www.youtube.com/watch?v=g3YJYvnXp80
Gli interventi:

Valentina Orioli: Architetta e professoressa associata di Urbanistica al Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, vicesindaca del Comune di Bologna e assessora all’Urbanistica e all’Ambiente
Francesco Evangelisti: Architetto e Direttore Ufficio di Piano – Dipartimento Urbanistica, Casa, Ambiente del Comune di Bologna
Simona Tondelli: Professoressa ordinaria di Tecnica e Pianificazione Urbanistica – Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna

Introduce e modera
Inti Bertocchi: Funzionario del Comune di Bologna e coordinatore scientifico del progetto europeo Salus Space

Il 29 aprile si parlerà invece di agricoltura e società, con un approfondimento su orti, agricoltura sociale e economia circolare.

 

La comunità di Salus Space si sta auto organizzando: sui turni di lavoro, sulla progettazione e realizzazione dell’orto comunitario, sulla costruzione di una tavola comunitaria, su quella di un emporio molto particolare, sulla gestione delle riunioni e anche su come comunicare tutto questo e tutto il resto di cui parleremo più avanti.

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Nei primi giorni di aprile gli abitanti hanno firmato i patti di convivenza collaborativa, impegnandosi nei confronti del gestore (l’Ats) e degli altri abitanti, oltre che a versare con regolarità il contributo per le spese, a aderire ai valori della comunità e a partecipare alla gestione dei servizi collaborativi previsti. In più, per chi vuole usufruirne, c’è la possibilità di avere uno sconto non superiore al 30% del contributo in cambio di ore lavorate.
Una sfida nuova, un modo di vivere insieme facendo, tutto da sperimentare. Ad oggi gli abitanti sono 19 suddivisi in otto appartamenti, il più piccolo è nato nel 2018, quello con più esperienza di vita è del 1956. Arrivano da tutti i continenti, tranne l’Oceania, e sono single, famiglie, giovani coppie. Altri se ne aggiungeranno, ma vi terremo informati al loro arrivo. progettare_orti
Riunioni plenarie, a gruppi, su singoli temi si stanno susseguendo nei fine settimana o nelle ore serali, sempre nel rispetto dei protocolli di sicurezza.
Purtroppo la pandemia sta ritardando il momento in cui i cancelli di Salus Space, che già in realtà sono socchiusi per singoli curiosi alla scoperta dello spazio aperto, potranno davvero spalancarsi, offrendo un calendario di eventi, di occasioni formative, di postazioni di coworking e tante altre proposte che sveleremo un po’ alla volta. Un’apertura al territorio e alla città guidata dall’Ats in collaborazione con il Quartiere e il Comune.
Proprio per le restrizioni in atto l’area più frequentata è l’orto condiviso, 150 metri quadri di terreno alle spalle della palazzina abitativa che è stato dissodato da un bel po’ di braccia passate all’azione dopo la progettazione collettiva.
L’appuntamento di solito è il sabato pomeriggio, ma quando si ha tempo cose da fare ce ne sono sempre tante, come per esempio pulire per bene dai rifiuti che qua e là riemergono.
L’energia è tanta, così come le idee. Un passo alla volta la comunità dà loro forma, avendo alcuni punti di riferimento ben chiari: la sostenibilità economica e ambientale, la carta dei valori, la progettazione che sta alle spalle di Salus Space e quella che sta davanti e disegna scenari.

Foto di Francesco Quero e Teresa Vignoli

A Carlo Monti, docente dell’Alma Mater (Dipartimento Architettura e Dipartimento Ingegneria civile, chimica, ambientale e dei materiali), il Think Tank di Salus Space ha chiesto di avviare una riflessione sul significato del concetto di “Rigenerazione Urbana” e di come questo si possa applicare al nostro progetto e più in generale ai processi di trasformazione del territorio.

Ho sentito parlare del progetto Salus Space quando ha vinto il bando europeo, ma ho capito davvero la sua importanza ascoltando la presentazione in un’assemblea di quartiere.

In quella occasione mi ha colpito la chiarezza degli obiettivi e la complessità della rete di relazioni che è stata costruita per preparare il progetto e per realizzarlo, e, soprattutto, ho visto una risposta concreta a domande che mi facevo da tempo sui problemi del riuso urbano.

E’ un tema sempre attuale e non facile. Come urbanista, ho partecipato a molte esperienze di pianificazione, ho esaminato tanti progetti urbani e insegno da tanti anni; a lezione parlo di quello che ho imparato nella mia attività, e a volte ho fatto dell’ironia sulle parole di moda, notando che spesso, nel nostro paese, quando un’iniziativa non ha successo la riproponiamo tale e quale, cambiando il nome. Un esempio sembra proprio quello del riuso urbano: nel 1978 si sono istituiti i Piani di recupero, poi negli anni ’90 i Programmi integrati di intervento, poi quelli di Riqualificazione urbana, oggi tutti parlano di rigenerazione urbana.

In realtà quei programmi hanno deluso molte aspettative per effetto dei mutamenti economici e sociali delle nostre città, e il cambio di nomi mostra uno sforzo per adeguarsi a tali mutamenti. Così col passare del tempo è stato sempre più chiaro che per recuperare un pezzo di città non basta un buon progetto urbanistico, e non basta neanche avere i finanziamenti necessari: occorre un progetto sociale e culturale, e questo richiede il coinvolgimento attivo della popolazione che vivrà in quell’area o userà i servizi che offre. Il termine “rigenerazione urbana” può e deve avere questo significato.

Il progetto Salus Space ne è un esempio concreto, e non è solo “una bella idea”, ma si sta realizzando in modo adeguato a produrre nel tempo gli effetti positivi sperati. Sembra infatti che non presenti gli errori più comuni delle esperienze passate. Facciamo un po’ di storia.

Innanzitutto, dobbiamo ricordare che alcuni dei “mostri” che oggi vogliamo demolire o trasformare radicalmente (il Corviale di Roma, le Vele di Scampia, lo Zen di Palermo…) nascevano proprio come generose utopie urbane, ricche di spazi comunitari progettati dai migliori architetti. L’errore: credere che basti uno spazio fisico ben disegnato per creare una comunità “obbligata” fra gente che spesso non ha nulla in comune. Non è successo solo in Italia: ricordo negli anni’70 gli spazi ben attrezzati e rimasti vuoti, destinati alle associazioni dei cittadini nelle New Towns inglesi appena realizzate.

In anni più recenti si sono avuti grandi progetti pubblici di riqualificazione urbana, che hanno inghiottito ingenti risorse, ma salvo qualche eccezione (Genova, Acquario e porto antico) hanno dato scarsi risultati, basta pensare all’area di Bagnoli a Napoli. Si sono allora costruite importanti partnership con i privati, realizzando in molte città operazioni di forte rilievo, con la firma di archistar e la costruzione di sedi di grandi banche e aziende. Anche questo non succede solo in Italia: basta pensare ai Docks di Londra o alla competizione mondiale fra i nuovi grattacieli, simboli del potere economico globalizzato.

Ma questa non è “rigenerazione” urbana, è a mio parere “sostituzione”: sostituzione fisica di nuovi spazi e soprattutto sostituzione di un’idea di città come “civitas”, luogo di relazioni personali e di vita comune, con un nuovo pezzo di città-macchina, secondo la peggiore evoluzione del Razionalismo.

Non possiamo neppure chiamare “rigenerazione urbana” gli interventi gestiti dai privati. Nella maggior parte dei casi questi interventi sono di dimensione troppo modesta per avere influenza sul contesto urbano, e comunque in genere i progettisti non si pongono neppure il problema, obbedendo alle regole di un mercato immobiliare miope. Troppe volte un’area centrale di una città viene liberata da una presenza ormai impropria (una caserma, una fabbrica abbandonata), sostituendola con un quartiere residenziale “blindato”, di fatto anch’esso estraneo alla vita della città. Anche gli interventi di maggiore respiro e di ottimo disegno (ad esempio “Le Albere” di Renzo Piano a Trento) rischiano di rimanere a lungo uno spazio distaccato dal resto della città.

Come notavamo all’inizio, da tutti i casi ricordati emerge che non basta avere un buon progetto urbanistico e finanziamenti adeguati, se i futuri abitanti dell’area saranno casualmente messi insieme da un’agenzia immobiliare o da una graduatoria di assegnatari di case popolari.  In altri termini, se non si costruisce insieme un progetto sociale e culturale. Ma anche qui è necessaria qualche precisazione.

Negli anni passati come direttore di un Master in Architettura ecosostenibile ho portato due volte gli studenti in visita in un quartiere pilota vicino a Copenhagen, progettato secondo i più avanzati criteri di uso delle risorse, risparmio energetico e tutela dell’ambiente, con una forte vita comunitaria garantita dalla comune scelta ambientalista degli abitanti. Tutto bello ed efficiente, ma con il rischio di una chiusura al mondo esterno; essendone consapevoli i responsabili del quartiere cercavano di evitarlo con iniziative culturali aperte, anche semplici, ad esempio attrezzando aree molto attraenti per invitare i bambini dei quartieri vicini a giocare e a visitare la vecchia fattoria che avevano conservato vicino alle nuove case, per vedere gli animali, i modi di coltivare e di produrre alimenti.

La necessità di evitare il rischio di eccessiva omogeneità e di chiusura all’esterno è stata anche considerata fra gli obiettivi di base di un noto progetto di rigenerazione urbana che il mio amico Christian Schaller ha portato a termine a Colonia, recuperando un’antica fabbrica. Non conoscendo esempi italiani altrettanto positivi, ho segnalato spesso questa esperienza come esempio.

Dopo le prime ipotesi di diversi architetti, a Colonia si è avviato un processo di costruzione partecipata del progetto, mettendo insieme giovani coppie, anziani, artigiani e artisti interessati ad avere casa e bottega, negozianti, cooperative, imprese di costruzione, banche. Questa parte del progetto ha richiesto forse più tempo della sua realizzazione fisica, ma in questo modo si è avuto un risultato duraturo. E’ interessante notare inoltre che la zona era già ben servita da infrastrutture e trasporti pubblici, e quindi si è potuto ricostruire un pezzo di tessuto urbano quasi tradizionale, non dominato dalle auto, che per molti abitanti non sono più indispensabili nella vita quotidiana. Infine, le diverse attività presenti garantiscono lo sviluppo di rapporti con le aree urbane vicine.

A questo punto, penso sia chiaro perché ritengo che il progetto Salus Space possa essere considerato un esempio di rigenerazione urbana, a Bologna e non solo.

Innanzitutto per le caratteristiche del progetto, complesso, integrato e realizzabile gradualmente, che hanno sicuramente contribuito ad ottenere il premio europeo e i finanziamenti necessari, poi per la sua polivalenza, costruita attraverso la collaborazione con i tanti partners coinvolti. Questo spazio fisico è infatti pensato come un luogo in cui c’è chi abita stabilmente, chi è accolto per necessità e chi viene ospitato da un’attività ricettiva, chi segue un percorso formativo e chi insegna in quel percorso, chi coltiva orti e giardini e chi ne usa i prodotti per fare attività di ristorazione, chi lavora o impara in un laboratorio artistico o teatrale.  E questo spazio sociale sarà per sua fondazione non solo multietnico, ma anche multiculturale, come del resto è – e sarà sempre più – la città di Bologna.

Una città che dal Medioevo tenta di sfuggire all’invecchiamento e alla mediocrità cercando di attirare giovani,  nuove energie e nuove idee.

Abbiamo bisogno del tuo aiuto per dare vita all’Emporium Salus, un emporio sociale aperto a tutti che sorgerà dentro Salus Space.
Sarà un luogo dedicato al cibo e alla sana alimentazione in cui i prodotti saranno distribuiti sfusi.
Raccoglierà la produzione di piccole e medie realtà del territorio, compresa la futura produzione degli orti di Salus.
Attraverso l’emporio ci proponiamo di collaborare alla diffusione di modelli improntati alla sostenibilità ambientale ma anche di contribuire a rinsaldare i legami tra la Comunità di Salus Space e il territorio che la ospita.
Attraverso la vendita di cibo e di prodotti della terra si possono superare le distanze, favorendo occasioni di collaborazione e di scambio tra gli abitanti di Salus Space e la cittadinanza, contribuendo così a vincere ogni possibile paura o pregiudizio nei confronti dell’altro.

Aiutaci a realizzare l’Emporium Salus. Abbiamo bisogno di te!
Per donare, vai a questo link: https://www.retedeldono.it/it/progetti/eta-beta/emporium-salus

logo_emporio

Emporium Salus sarà ospitato in una delle tre strutture temporanee che si trovano all’interno di Salus Space. Sarà allestito con attrezzature e arredi adatti alla distribuzione di prodotti nella modalità sfusa. Per realizzarlo abbiamo bisogno di acquistare:

1. Erogatori d’acqua
2. Erogatori per la distribuzione di alimenti liquidi (olio, vino…)
3. Distributori automatici per detersivi
4. Contenitori a norma di legge per alimenti secchi
5. Arredi adatti alla commercializzazione di prodotti sfusi.

P.S. UN RINGRAZIAMENTO PER TE
Per ringraziare del supporto ricevuto, vogliamo invitarti a venirci a trovare a Salus Space: sarà un’occasione per conoscerci, ringraziarti di persona e mostrarti i nostri spazi in allestimento. Ma ci saranno anche delle ricompense, come la splendida borsina in tela dell’Emporio!

Ecco Salus Space da una nuova prospettiva: dall’alto. Vi proponiamo immagini catturate da un drone sopra l’area di via Malvezza a Bologna.

Salus_fronte

Salus_dal_cielo

Salus_retro

salu

Tre paia di forbici per l’inaugurazione di Salus Space. Una per il capo della rappresentanza della Commissione Europea in Italia, Antonio Parenti, una per l’Assessore del Comune di Bologna Marco Lombardo e una per la Presidente del Quartiere Savena Marzia Benassi. Il nastro teso tra una colonna e l’altra dell’ingresso di via Malvezza 2/2 è stato tagliato a mezzogiorno di venerdì 29 gennaio 2021!

taglio_del_nastro

La cerimonia è stata purtroppo ad ingressi contingentati, per seguire le misure anti Covid. Dopo il taglio del nastro gli ospiti hanno avuto potuto intervenire, inaugurando così anche il Centro studi, in cui oltre alla sala per incontri e convegni, ci sarà un’aula per il coworking e l’Angolo della Storia.

tavolo_interventi

Si chiude così la fase legata al progetto europeo, si apre quella di sperimentazione del modello. Continueremo a seguirla.

partner

Nella foto i partner all’inaugurazione.
Ecco la registrazione della diretta


Ecco il racconto dell’agenzia di stampa DIRE.

Agenzia DIRE 29 gennaio 2021

Bologna: Apre le porte Salus Space: “Esempio per l’Italia e per l’Europa”

QUATTRO ANNI PER RIGENERARE L’EX CLINICA: ORA RESIDENZE E SERVIZI (DIRE) Bologna, 29 gen. – Residenze collaborative e servizi per tutti i cittadini. Salus Space, si parte: alla fine di un percorso durato oltre quattro anni, nell’area riqualificata dell’ex clinica Villa Salus ha aperto i cancelli uno “spazio multifunzionale destinato a diventare una nuova centralita’ urbana”, sottolinea il Comune di Bologna nel giorno del taglio del nastro: alla cerimonia, insieme all’assessore Marco Lombardo e alla presidente del quartiere Savena, Marzia Benassi, ha partecipato anche il capo della Rappresentanza in Italia della Commissione europea, Antonio Parenti. Il progetto, coordinato dal Comune e finanziato con cinque milioni di euro dal programma europeo Azioni urbane innovative (Uia), prevede che la gestione sperimentale del complesso sia affidata per due anni ad un’Associazione temporanea di scopo (Ats) composta dalla Eta Beta, Cefal, Istituto ricerca sociale, Acli, Cantieri Meticci e Aquaponic Design. Undici appartamenti su 12 sono gia’ stati assegnati attraverso un bando pubblico: ospiteranno famiglie e persone single, per “un mix che rappresenta quattro continenti: le Americhe, l’Europa, l’Asia e l’Africa”, spiega Palazzo D’Accursio. A loro si aggiungeranno richiedenti asilo e rifugiati (quattro appartamenti), studenti (due appartamenti in convenzione con Ergo) e quattro persone che lavoreranno a Salus Space, scelte anche tra i partecipanti ai corsi di formazione realizzati all’interno del progetto. Accanto all’Ats lavoreranno alla costruzione della comunita’, alla mediazione culturale-linguistica e alla comunicazione gli operatori di Open Group e Cidas. Inoltre Salus Space “sara’ un luogo aperto alla citta’, appena la pandemia lo permettera’- aggiunge l’amministrazione- con un punto ristoro, laboratori artigianali, un teatro, attivita’ culturali e iniziative per i bambini del territorio”. Nei primi due anni l’obiettivo da raggiungere e’ “l’autosostentamento della comunita’, attraverso l’avvio di una serie di attivita’ economiche- spiega il Comune- ispirate ai valori espressi dal progetto, collaborazione, inclusione, sostenibilita’”. L’attenzione all’ambiente si declinera’ nella creazione di una comunita’ “rifiuti zero” ma anche nell’uso degli orti, con la possibile apertura di un emporio aperto alla citta’. Infatti “gli orti sono ornamentali ma anche produttivi- spiega Berardino Cocchianella, capo area Nuove cittadinanze e Quartieri di Palazzo D’Accursio- cosi’ da poter offrire i prodotti di Salus Space alla villa e, se la produzione lo permettera’, anche all’esterno”. L’inaugurazione del progetto e’ “una scommessa vinta dalla citta’ e da chi ci ha creduto”, dichiara Lombardo: “Villa Salus era una clinica per la cura delle persone, poi per tanti anni un luogo di degrado e di abbandono” che oggi, pero’, riemerge “rigenerato come luogo di cura della nuova socialita’”. Nasce un “nuovo modello di welfare interculturale”, aggiunge Lombardo. Quello attuale “e’ un periodo in cui le migrazioni esistono e vanno governate, cosa chiaramente al centro del patto sulla migrazione che la Commissione europea ha presentato qualche mese fa a Bruxelles”, afferma Parenti, aggiungendo che per raggiungere questo obiettivo “c’e’ bisogno di un’inclusione che non nasce solo spontaneamente ma ha bisogno anche del supporto delle istituzioni”. L’esperienza Salus Space puo’ essere “di esempio ad altre realta’ italiane e anche europee”, afferma Parenti, aggiungendo che intanto il progetto bolognese “dimostra che si possono usare i fondi europei nei tempi previsti”. Parla di “giudizio sospeso” Francesca Scarano (Lega), con l’impegno a “vigilare sul corretto utilizzo della struttura”.

La rassegna stampa del 30 gennaio 2021

 

Tra qualche giorno il negozio di via Abba 26 sarà consegnato, rimesso a nuovo, al Quartiere Savena. Diventerà un punto di riferimento per le associazioni della zona, che potranno contare su questo spazio che è stato al centro della formazione in cantiere parte del progetto Salus Space curata da Csapsa e rivolta a richiedenti asilo e rifugiati.
Formazione_cantiere
In ottobre si è tenuto il corso sicurezza, poi alla fine del mese è iniziato lo stage che si è concluso il 23 dicembre 2020.
La durata complessiva della formazione è stata di 300 ore. A concludere con impegno e costanza sono stati tre ragazzi.
Alessia Melella, coordinatrice e tutor dei progetti di inserimento lavorativo per Csapsa, ci racconta come è andata.

Noi siamo andati a trovare il gruppo di lavoro nel mese di dicembre 2020. A seguire i ragazzi e a spiegare passo passo il lavoro da svolgere c’era Fabio Arcangeli, responsabile del cantiere.

Tante le voci e i volti che hanno caratterizzato l’incontro virtuale “Salus Space: il progetto, la sua storia e il suo percorso”, a cura del Think Tank.

Ad aprire i lavori Dino Cocchianella, ideatore del progetto e Capo Area Nuove cittadinanze e Quartieri del Comune di Bologna, che ha lasciato la parola all’assessore Marco Lombardo e poi ai 16 partner che hanno contribuito a trasformare in realtà Salus Space, con la guida e il coordinamento del Comune di Bologna. Cinque anni di lavoro intenso, che giungono a conclusione con l’inaugurazione dello spazio multifunzionale il 29 gennaio.

Sarà però la fine solo del primo step, si aprono ora due anni cruciali di sperimentazione, in cui si metterà alla prova la visione alla base del progetto, che dovrà arrivare alla piena sostenibilità economica, e la innovativa governance collaborativa. Di questo ha parlato, nell’intervento conclusivo, Ugo De Ambrogio, sociologo esperto di coprogettazione.

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