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Volantino_14_maggio

Lunedì 14 maggio alle 18 si terrà un nuovo incontro con i cittadini del Quartiere Savena: “Come procede il progetto Salus Space?”. Si comincia alle 17,30 con una performance teatrale dei Cantieri Meticci, in piazza Lambrakis, davanti alla Chiesa di Nostra Signora della Fiducia. Alle 18 la riunione aperta a tutti e tutte, nella Sala parrocchiale di via Gaetano Tacconi 67.

Qual è lo stato di avanzamento dei lavori? Come sarà organizzata Salus Space? Chi la gestirà? Come saranno selezionati i futuri abitanti? Chi lavorerà a Salus Space? Quali possibili forme di collaborazione con i cittadini del territorio potranno essere attuate?

Nel corso dell’incontro i rappresentanti del Comune di Bologna e di ASP Città di Bologna formuleranno le risposte a queste domande, che sono state al centro del lavoro dei partner in questi mesi.
Le osservazioni, le riflessioni e le critiche che verranno dai cittadini presenti saranno fondamentali per migliorare e integrare il lavoro fino qui svolto, aiutando i partner a immaginare la Salus Space del futuro.

 

Le fantasticherie di un passeggiatore solitario (in via Malvezza)

Cielo grigio su, foglie gialle giù. Solo che non è una canzone: è quello che ho trovato a Villa Salus quasi due mesi fa. Non che le strade e i campi intorno fossero molto meno grigi su e gialli giù. Ma in via Malvezza, quel giorno, il tempo sembrava fermo allo scorso autunno: le stesse spirali di nebbia, le stesse grida di uccelli, lo stesso fango ai bordi dell’asfalto. E la stessa sagoma dell’ex clinica, un enorme molare non ancora scalfito dalla carie.

Villa_Salus

Pensava di essere facile profeta chi si azzardò a dire che quel dente sarebbe stato estirpato entro maggio, ma forse era solo un profeta facilone. O un sognatore a occhi aperti. Più o meno come mi sono sentito io, quel mattino giallo e grigio, quando ho cominciato a guardare le finestre sbreccate, le porte divelte e i muri sventrati della vecchia villa immaginando gli appartamenti ordinati, i laboratori operosi e gli orti profumati del nuovo Salus Space. Poi il miraggio è svanito, mi sono avvicinato alle inferriate del cancello sul retro e ho scattato due foto. Volevo documentare la dolorosa scomparsa dell’ampia gradinata e dell’antica balaustra, dove pare che un giorno di fine Settecento abbia sostato perfino Napoleone deponendovi la sua feluca bicorno. E ho immortalato lo scempio – necessario, per carità! – con una specie di “app mentale” che mi ha fatto riapparire quelle costruzioni ancora intatte. Ma solo per pochi istanti, perché subito dopo le ho viste svanire per sempre (scalino dopo scalino, stelo dopo stelo), inghiottite da un vorace “Pac-Man caterpillar”.

A quasi due mesi di distanza dalla mia visita, cara Villa Salus, continuo a chiedermi quanto tempo manca alla tua trasformazione. Più del previsto, questo è certo. Ti hanno trovato le vene intossicate dall’amianto, ma confido nei chirurghi-ingegneri che devono sciogliere la prognosi per darti un nuovo aspetto. Perché c’è sempre, nelle terapie di palingenesi urbana, una questione psicologica. E c’è sempre una questione tecnica. Da questa solitamente si parte, ma senza l’altra solitamente non si arriva. Io sono salito sul tuo blog un anno fa, mi perdo a cercare un po’ di blu dove il blu non c’è e non so ancora quale strada imboccare. Eppure ti sogno, Salus Space, e un giorno io verrò.

Questa era la riflessione di Sergio Palladini. Se volete, potete mandarci le vostre a questo indirizzo: redazione@saluspace.eu

Ndr: e anche per rispondere a questi dubbi, i cittadini tutti sono invitati all‘ incontro del 14 maggio, nella sala parrocchiale di Nostra Signora della Fiducia alle ore 18. Interverranno i rappresentanti del Comune di Bologna e di ASP Città di Bologna

 

Ingresso_Villa_Salus

Il 20 aprile scorso durante il Question Time, a Palazzo d’Accursio si è parlato del cantiere aperto a Villa Salus e della presenza di amianto che è stata rilevata. La sollecitazione è arrivata dalla consigliera della Lega Nord Francesca Scarano, che partendo da un articolo pubblicato da La Repubblica Bologna ha chiesto “le motivazioni per cui i tecnici non si sono accorti, durante la lunga fase di monitoraggio e progettazione, della presenza dell’amianto; un aggiornamento sulle spese sostenute e da sostenere a carico della Amministrazione comunale; un aggiornamento sulle tempistiche ed eventuali ritardi”. Questa la risposta dell’assessore ai Lavori pubblici Virginia Gieri:

“Leggo dalla relazione tecnica: ‘La presenza di amianto nel materiale di copertura era già stata riscontrata in fase di progettazione e la sua rimozione era prevista all’interno dal progetto di demolizione come confermato dalla domanda d’autorizzazione già inoltrata all’Asl.
I sopralluoghi eseguiti e le verifiche condotte durante la fase di progettazione – ricerca documentale, sondaggi -pur rilevando la presenza di materiale contenente amianto in copertura, non ne ha ha riscontrato la presenza all’interno del fabbricato in quanto questo era presente in tubazioni di adduzione e scarico e nascosto all’interno delle murature: si tratta in prevalenza di elementi verticali sotto traccia, quindi nascosti all’interno delle pareti e dei tramezzi in muratura che i sondaggi a campione, eseguiti necessariamente solamente nelle parti non inagibili dell’edificio, non avevano evidenziato nella loro estensione.
Solo nel momento in cui l’esecutore dell’appalto all’inizio lavori, ed in particolare durante lo svolgimento di tutte quelle operazioni propedeutiche alla demolizione vera e propria dell’edificio, ha potuto rappresentare l’effettiva presenza di manufatti contenenti amianto’.
Condivido con la consigliera la preoccupazione sui tempi di bonifica.
‘Ora è in fase di completamento il rilievo delle tipologie, delle sezioni delle tubazioni e delle quantità di materiali contenenti amianto per arrivare in tempi brevi alla definizione dei costi accessori che l’Amministrazione dovrà sostenere. A tale riguardo, a copertura di questi maggiori oneri si prevede sia sufficiente l’utilizzo di parte del ribasso d’asta che l’appaltatore ha formulato in fase di gara.
Unitamente alla definizione delle quantità effettive, quindi del volume delle lavorazioni, verranno quantificate le maggiori spese ed assegnato anche un congruo periodo di tempo all’impresa per l’esecuzione delle lavorazioni suppletive non previste all’interno del contratto’.
Avevamo un preventivo rispetto ad una prevista presenza di amianto, che era comunque verificata, al punto che ci eravamo premurati di avere le autorizzazioni del caso dall’Asl, ma la quantità presente è maggiore rispetto al previsto. Stiamo lavorando il più celermente possibile e speriamo di sapere presto quando si potrà procedere alla rimozione dell’amianto, ora si stanno facendo tutte le verifiche del caso per capire i costi dell’intervento e soprattutto i tempi. A noi serve ripartire in tempi molto veloci con la demolizione per poi procedere con il progetto della Nuova Salus”.

Foto Michele Lapini

Tra i cittadini giornalisti della redazione di Salus Space c’è Marilena Frati, esperta di storia locale e Presidente dell’Associazione “Cultura e Arte del ‘700”. E’ l’autrice del testo che vi proponiamo, dedicato alla storia dell’area che comprende Villa Salus e via Malvezza, detta Cerro Maggiore. Il brano fa parte della ricerca storica pubblicata nel 1999 dall’Associazione con il titolo “Qui dove scorre il fiume”.

La pubblicazione Qui dove scorre il fiume

Anche il viandante più frettoloso, arrivato in quella che era chiamata località “Il Cerro”, dal latino” cerrus”, l’albero simile alla quercia molto frequente nelle nostre terre, non può non chiedersi  a chi appartenesse quell’antico caseggiato che ora campeggia imponente fra il Cimitero dei Polacchi e il fianco della via Vighi, stradone che conduce alla tangenziale, uscita 12.

Questa antica costruzione a corte quadrata, con torre colombaia centrale che svetta verso l’alto e rende equilibrata la simmetria della fabbrica, suscita curiosità e conduce alla memoria un passato storico da riscoprire.

Il “ Cerro Maioris”, grazie alla fertilità del suo terreno, trae le sue origini da ben lontano: sia Polibio (210-125 a.C.) – storico greco vissuto a Roma – sia Strabone (58 a.C. – 21 d. C.) ci ricordano che questa zona a est di “Bononia” era abitata già in epoca Villanoviana e fu poi scelta quale dimora dalla “Octava Legio Aemilia”. E’ certo che questa fu una zona che per ricchezza si prestava agli insediamenti. Esisteva una selva di “cerri” (da cui il toponimo Cerro e Roveri) che permetteva l’allevamento dei maiali grazie alla ricca produzione di ghiande.

Ma è solo nel 1084 che troviamo menzionato il toponimo “Cerro Maioris” (forse perché lì si trovava il cerro più grande o più vecchio) in certe carte notarili scritte senz’altro per atti di compravendita di appezzamenti e vigne. Nell’archivio di Pizzocalvo viene ricordata infatti una confraternita di preti che vendettero un appezzamento di terreno fuori della città di Bologna e vicino alla chiesa di San Prospero.

Poche sono le date certe che ci ricordano l’evolversi di questa comunità.
Nel 1223 Cerro Maggiore, che possedeva una piccola chiesa parrocchiale dedicata a San Giorgio, con le sue poche anime, passò al quartiere di San Cassiano sotto il giuspatronato delle monache dei santi Vitale e Agricola.
Certamente le monache fra quelle mura elessero un ospedale che, all’occorrenza, venne trasformato in Lazzaretto, poiché, per disposizioni governative, tutti i malati infetti venivano accuditi fuori città per evitare o allontanare i contagi. (…)

Nel 1371 gli estimi riportano la presenza di 27 nuclei familiari contro i 10 del 1249, nuclei tutti dediti alla coltura dei campi e all’allevamento. (…)

Le vicende comunali e le belligeranze fra le famiglie aristocratiche bolognesi emergenti che si contendevano il potere, con i ripetuti assalti inferti dalle truppe mercenarie assoldate da questo o quel signore, causarono alla fine del XV secolo, il graduale abbandono di queste dimore del Borgo antico da parte dei residenti. Lo spopolamento provocò anche profondi mutamenti economici: gli ex contadini della zona, che andarono verso la città, abbandonarono a poco a poco l’agricoltura e si dedicarono al commercio e all’artigianato, impoverendo sempre più quelle zone abbandonate a se stesse e ai saccheggi. (…)

Non si conoscono esattamente tutti i passaggi di proprietà dal XVI secolo in poi fino a quando una notifica del 1859 del cardinale Legato Milesi parla dell’espropriazione di quei terreni necessari per la costruzione della ferrovia. (…)

Senz’altro il complesso passò alla famiglia Malvezzi nella metà dell’800, ingrandendo così la proprietà terriera della famiglia che in quella zona possedeva dal 1835 anche la villa settecentesca fatta costruire in quei paraggi nel 1777 da A.F. Monti , luogotenente di Napoleone Bonaparte, da un architetto francese,ora Villa Salus (come critto da Umberto Beseghi  in “ Castelli e Ville bolognesi”).
A ricordo dell’antica proprietà Malvezzi è rimasto solo il nome della via Malvezza.
Il complesso del Cerro venne venduto nel 1946 dall’Onorevole Cacciari alla famiglia Ansaloni che trasformò il terreno in vivaio. (…)

Nel 1949/50 il Prof. Oscar Scaglietti acquistò l’intera proprietà con la villa settecentesca che, negli anni successivi, pur mantenendo intatta la sua veste storica , divenne la parte centrale  dell’immobile adibito a Casa di Cura, nota nel mondo col nome di “Villa Salus”, prestigioso centro ortopedico. (…)

Marilena Frati

Cosa sarà costruito al posto della Vecchia Salus, in via Malvezza, nel Quartiere Savena di Bologna? Dove sporgeranno le nuove strutture e come saranno organizzati gli spazi per tutte le attività previste?
Il lavoro di co-progettazione è stato coordinato da Icie, Istituto cooperativo per l’innovazione, che ha messo a punto percorsi di analisi studio su nuove forme abitative e condotto i percorsi partecipati tra i partner del progetto sfociati nelle linee guida che definiscono spazi e esigenze della futura Salus Space. L’intervista all’architetto Valerio Vannini

Le linee guida sono state poi affidate a Massimo Monaco, architetto del Comune di Bologna, che – seguendo le indicazioni dei partner – è arrivato alla stesura del progetto vero e proprio.

Le interviste sono state realizzate durante l’evento del 25 ottobre 2017 a Palazzo d’Accursio

 

 

 

case-della-zona-Croce-del-Biacco

Continua il nostro viaggio in una delle zone periferiche di Bologna, in una zona di “confine” tra due quartieri: il Savena e il San Vitale. Siamo nel borghetto della Croce del Biacco, non molto lontano da via Malvezza e dagli spazi della nostra futura Salus Space. Vi abbiamo già raccontato una delle realtà che anima questa zona, ovvero il centro sociale Croce del Biacco e le sue tantissime attività.

Ma la Croce del Biacco, le sue strade e le sue case hanno tanta storia da raccontare, una storia che parte dalla fine del 1700 e che arriva al Novecento  e alla resistenza partigiana. Una zona con tanti alloggi di edilizia pubblica e che in questi ultimi anni è stata anche oggetto di opere di riqualificazione urbana, come il Progetto Bella Fuori 3, un intervento fuori dal centro per la valorizzazione delle periferie.

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Piazza dei Colori -Marzo 1998

Qui è stato costruito un ‘corridoio ecologico’ che parte dalla Piazza dei Colori, costeggia l’asilo, il centro sociale, il centro islamico e arriva fino a Villa Gandolfi – Pallavicini. Questa Villa è una delle più antiche della zona: una residenza secentesca costruita dalla famiglia bolognese degli Alamandini e poi acquistata nel 1773 dal maresciallo genovese Gian Luca Pallavicini, al servizio degli imperatori austriaci. “Nel 2000 è stata sede dall’università di Bologna ed è stata ristrutturata, attualmente è gestita dalla Scuola Superiore per Mediatori Linguistici di Padova che ha avuto la possibilità di utilizzare l’immobile dal Ministero del Tesoro”, spiega Luigi Luccarini, presidente del centro sociale Croce del Biacco.
Adolfo Dondi, autore di “Se facessi un libro sulla Croce del Biacco” e memoria storica della zona racconta anche della vecchia Villa Monti, proprio la villa che lascerà spazio a Salus Space: “una villa della metà del 1700 costruita all’interno di un parco di cerri e abeti. Passò poi alla famiglia Malvezzi de Medici e nel 1822 fu acquistata dal fratello di Napoleone, Luciano Bonaparte, che ci visse per alcuni anni con la moglie e i dieci figli. Tra il 1940 e il 1950 diventò poi  proprietà del prof. Oscar Scaglietti, che promosse la sua trasformazione in una grande struttura ospedaliera a sei piani, mutandone radicalmente l’aspetto originario. Diventò quella che tutti abbiamo conosciuto poi come Villa Salus”.

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Lapide ai tre caduti partigiani

Nonostante questa parte della città fosse una zona agricola punteggiata qua e là dalle ville delle nobili famiglie, fu anche scenario della resistenza partigiana: “uno degli eventi che ha fatto un po’ da ponte tra la storia della Croce del Biacco e quella di Villa Salus è stata l’uccisione di tre ragazzi di 18 anni, Fernando Benassi, Coriolano Gnudi e Bruno Montanari. Furono trucidati all’altezza del vecchio passaggio a livello,  dai tedeschi e dai fascisti”. Era il 18 agosto del 1944.

E poi un monumento davanti alla chiesa di San Giacomo ricorda tutti i caduti del periodo bellico: “sulla lapide ci sono i nomi dei caduti civili a seguito dei bombardamenti, dei militari e dei partigiani. Sul monumento c’è scritto: i comunisti posero! Questa è una curiosità, perché quando si dice comunismo si pensa a qualcosa di opposto alla religione, mentre in questa parrocchia hanno sempre avuto un buon rapporto…”, commenta Dondi.

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Chiesa di San Giorgio della Croce del biacco

La Croce del Biacco è una zona ricca quindi di storia e di memoria, che racconta però anche di tanti cambiamenti sociali che ci sono stati negli anni, sia nei rapporti tra generazioni che etnico-culturali. E di un difficile cammino di integrazione e inclusione che dura da anni.
“Su quattrocento soci del centro sociale solo due sono stranieri e secondo me questo dato dice tanto. Non molto lontano da qui c’è un centro islamico e al venerdì questa zona si popola di circa 100 e più persone che si recano lì per pregare, ma durante la settimana non vedi più nessuno”, spiega Luigi Luccarini. Il centro di cui ci parla Luccarini è il Centro di Cultura islamica di via Pallavicini.
“Il nostro paradosso è che abbiamo tre chiese diverse: una islamica, una cattolica e una evangelica ma non riusciamo a creare un dialogo e uno scambio continuo. Negli anni con Cantieri Meticci abbiamo fatto tanti corsi e laboratori, al centro islamico organizzavamo con l’aiuto di un parroco della zona degli incontri per parlare di salute, diritti e cultura.Tappe importantissime di cui ancora aspettiamo i frutti”.

Luccarini ci espone le perplessità e le paure che già molti cittadini e cittadine del quartiere hanno espresso sul futuro dei migranti che saranno ospitati a Salus Space e si chiede come potranno essere attuati reali processi di integrazione: “per esperienza personale ho visto che l’integrazione è difficile, perché spesso quello che manca è un reale senso di appartenenza alla comunità. Dobbiamo lavorare nelle scuole, sugli adolescenti che passano intere giornate a non far nulla e che quando sono in gruppo potrebbero cacciarsi nei guai. Quando con le altre associazioni abbiamo fatto un lavoro di educazione civica nelle classi, abbiamo visto che ha funzionato. Dobbiamo impegnarci tutti insieme, pubblico, associazioni e privato, se non vogliamo che le nostre periferie diventino una polveriera come quelle parigine. Ora tocca a Salus Space accettare la sfida dell’integrazione, non basta solo la prima accoglienza, o un atteggiamento troppo assistenzialista, bisogna formare queste persone, creando dei legami con la comunità”.

Foto concesse da Luigi Luccarini
L’articolo è stato realizzato in collaborazione con Giordana Alberti

Villa Salus anni 50

Foto ricordo di un gruppo di operatrici di Villa Salus (tra cui la signora Liliana Tabaroni, che ha concesso la fotografia). La Casa di cura negli anni 50 aveva 4 piani.

A Salus Space sta nascendo «L’Angolo della storia», su un’idea di Marilena Frati e Emanuele Grieco,sono loro stessi a spiegarci di che si tratta.

L’obiettivo dell’Angolo della storia è  la conservazione e la valorizzazione della memoria delle istituzioni, realtà e persone esistite in passato a Villa Salus. È importante che la ricca e complessa storia di questo luogo non vada del tutto dispersa, ma continui almeno in parte a sopravvivere a Salus Space.
Quella che fu la Casa di cura “Villa Salus” (1950-2000) – e di cui resterà traccia, da un punto di vista fisico, nella palazzina che ospitava la camera iperbarica– era in origine Villa Monti, sorta nel ‘700. Famiglie nobili e personaggi illustri italiani ed europei vi hanno vissuto.

Villa Malvezzi nel 1910

Villa malvezzi nel 1910

Dal 1835 fino al 1945 fu la residenza della famiglia Malvezzi (da cui prese il nome la strada, via Malvezza).  Uno degli ultimi titolari e l’ultimo dei Malvezzi, fu il marchese Aldobrandino Malvezzi (1881-1961), docente universitario a Firenze, orientalista e appassionato di archeologia e di botanica.

Aldobrandino Malvezzi

Aldobrandino Malvezzi de Medici

Nel 1945 Villa Malvezzi fu venduta ad un’azienda di costruzioni: per la necessità di legname per la ricostruzione post-bellica si decise di smantellare il grande parco della Villa.

Nel 1950 la Villa e il terreno circostante fu acquistato dal professor Oscar Scaglietti col progetto di erigere una grande clinica ortopedica privata. Si decise di conservare come struttura portante la Villa antica che aveva due piani più una elevazione. L’attività della Casa di cura iniziò nel 1952, con un edificio di 4 piani.

Tra la fine degli anni ’50 e l’inizio del 1960, visto il grande successo della clinica, Scaglietti decise di ingrandire la struttura, portandola a 6 piani. Questa è l’immagine che ci siamo abituati a vedere per tanti anni, fino ad oggi. Per circa 40 anni, il protagonista assoluto di questa esperienza fu il professor Oscar Scaglietti (1906-1993), luminare dell’Ortopedia. A lui e alla sua clinica si rivolgevano persone ammalate da tutta Italia e anche dall’estero.

professor Scaglietti

Il Professor Scaglietti

Nel 1991 Scaglietti, ormai anziano, e i familiari decisero di vendere Villa Salus. Fu acquisita dal dottor Gino Meletti che la guidò, con alterne vicende, fino al 31 dicembre 2000. Poi la clinica cessò l’attività. Nel 2003 fu adibita per sei mesi a “centro di accoglienza” per un centinaio di persone (molti stranieri e una italiana) rimasti senza dimora a causa del crollo di un edificio (“gli sfollati di via San Savino”). Dal marzo 2005 al giugno 2007 Villa Salus divenne la residenza di 46 famiglie Rom. Il Comune di Bologna acquistò (in permuta) dal proprietario privato l’immobile e l’area circostante, per risolvere il problema dell’occupazione abusiva dell’ex-Ferrhotel da parte di queste persone. Dal luglio 2007 fino all’avvio del progetto Salus Space, nel 2016, la struttura è stata abbandonata, ha subito saccheggi e varie occupazioni abusive che hanno comportato danni e un marcato degrado.

In sintesi sono stati ripercorsi circa 250 anni. Questa è per sommi capi la storia di questo luogo. Di questa lunga vicenda, intendiamo recuperare o ricostruire memorie e documenti. Sono in corso diverse ricerche che dovrebbero tradursi in pubblicazioni. All’interno dell’area di Salus Space, molto probabilmente nella palazzina che verrà adibita a sala convegni e sale studio, troverà ospitalità “L’angolo della storia”. Si prevede l’installazione di pannelli e manifesti con immagini antiche del luogo, l’esposizione di documenti e oggetti del passato e la realizzazione di alcune pubblicazioni, raccolte in una collana denominata “Quaderni di Villa Salus”.  Noipromotori del progetto intendiamo autofinanziare le attività, compresa la stampa dei libri, che verranno dati in omaggio. Non è infatti un’iniziativa a scopo di lucro, si tratta solo di volontariato culturale.

viale ingresso Villa Salus

Ora verrà costituito un Comitato per portare avanti il progetto, gestirlo e instaurare con il Comune e gli enti di Salus Space un rapporto proficuo. Molte persone che hanno lavorato a Villa Salus stanno fornendo, con entusiasmo, materiale, notizie, fotografie, ricordi, preziosi per la ricerca e le pubblicazioni, consapevoli che è in atto un tentativo di salvare memorie ed esperienze del passato. Avremmo voluto presentare pubblicamente i primi frutti delle nostre ricerche nella neonata Sala incontri a Salus Space, ma a giugno 2018, quando prevediam

o di essere pronti, non lo sarà ancora la Sala… Quindi ci incontreremo in un altro spazio pubblico.
Il costituendo comitato per la cura dell’«Angolo della storia» è aperto alla partecipazione di altre persone che vorranno collaborare, questa la mail per aderire o ricevere informazioni: emanuelegrieco@libero.it

di Marilena Frati e Emanuele Grieco

 

Per essere dei bravi giardinieri hanno dovuto coltivare lo spirito di osservazione, la pazienza, la generosità, il buon umore, il buon senso. E ora raccolgono i frutti di queste doti, sia nei giardini dell’Osservanza che dentro se stessi. Da maggio ad oggi, i ragazzi di villa Aldini hanno piantato e fatto crescere negli orti le verdure di stagione. E mano a mano che le piante affioravano dalla terra e si protendevano verso il cielo, in loro sono cresciute la fiducia, la speranza e l’autostima: niente male, per i profughi e i richiedenti asilo che sul colle fuori porta San Mamolo sono ancora in cerca di una traccia di futuro; ma che per un paio d’ore, in un mite pomeriggio di settembre, ci hanno raccontato di aver cominciato a tracciare un solco che nei prossimi anni potrebbe arrivare fino a Villa Salus, grazie alla comune supervisione di Rescue-AB e all’impegno della squadra di coprogettazione degli orti previsti nell’area dell’ex casa di cura di via Malvezza.

Mentre le nuvole ci passavano sopra silenziose e silenziosi grovigli di radici ci passavano sotto, abbiamo parlato insieme a loro di quegli orti ritagliati nei campi scoscesi del convento francescano. “All’inizio la cosa più difficile”, ci hanno detto, “è stata fare a meno dello sgocciolatore capendo quanta acqua si doveva usare per l’innaffiatura. Quest’estate, quando faceva un gran caldo, le piante avevano le foglie in su e ci dicevano di aver sete. Non parlavano, è vero, ma si muovevano, e bisognava stare attenti per capirlo. Era il loro modo di dire: ci date troppa acqua o, al contrario, ce ne date troppo poca”.

Spirito di osservazione, pazienza e buon senso: almeno per qualche mese, persone arrivate da posti lontani del mondo hanno trovato, in questi orti, il loro posto al mondo. Non sappiamo se ciò sia accaduto per la più ancestrale delle complementarietà, quella tra uomini e piante, esseri viventi che si nutrono gli uni del respiro degli altri. Ma non abbiamo potuto fare a meno di pensare allo scrittore ottocentesco Henry David Thoreau, profeta del ritorno alla natura, che per riconciliarsi con se stesso visse due anni in una capanna in mezzo ai boschi, da solo, uscendone quasi indenne. E non siamo rimasti sorpresi nel vedere persone sradicate muoversi sicure tra i plot delle colture, calpestando una terra dove ora vorrebbero sul serio mettere radici, e non solo per tramandare i trucchi del mestiere ad altri rifugiati.

Abbiamo riconosciuto in loro il legittimo orgoglio di poter innescare un meccanismo virtuoso di autoapprendimento e autonomia: un modus operandi, applicabile anche a Salus Space, che presto ci faremo spiegare dalla viva voce di Giovanni Bazzocchi e Nicola Michelon. I due ricercatori universitari di Rescue-AB parleranno con noi di minimi e massimi sistemi, ma stavolta non ci sarà bisogno di scomodare Thoreau. Basterà ricordare gli sguardi dei ragazzi di villa Aldini, incrociati in un mite pomeriggio di fine estate, per far capire che coltivare un orto è anche questo: una promessa di felicità.

di Sergio Palladini

 

Villa Salus

La demolizione di Villa Salus potrebbe cominciare già nel mese di dicembre 2017. Il bando di gara per l’assegnazione dei lavori è aperto e l’aggiudicazione, da parte del Comune di Bologna, dovrebbe avvenire entro novembre. Durata prevista dei lavori 120 giorni, costo 500.000 euro.
La nuova soluzione prevede due nuove strutture (con una metratura totale di 2.400 metri quadrati invece di 6.200) oltre alla vecchia palazzina detta “della camera iperbarica”. Il parco conserverà l’attuale alberatura perimetrale a cui si aggiungeranno delle aree ortive.
La prima tranche di finanziamento europeo ai partner del progetto Salus Space è arrivato nel corso dell’estate (2,5 milioni di euro sui 5 milioni totali) e le verifiche fino ad ora effettuate hanno dato risultati positivi.
Tutto dunque procede e stanno riprendendo anche i gruppi di lavoro che coinvolgono i cittadini e le cittadine.

Mercoledì 13 settembre alle 18.00 tornerà ad incontrarsi la Redazione Partecipata di Salus Space, alla Dacia di via Lincoln 23. La redazione è aperta alla collaborazione di tutti coloro che hanno voglia di raccontare attraverso il blog Salus Space Story l’evoluzione dei cantieri ma anche la vita di quartiere e del territorio.
Il Gruppo degli orti si incontrerà mercoledì 20 settembre alle 16,30 a Villa Aldini per parlare dell’orto produttivo che verrà avviato nell’area verde di Salus Space.
Giovedì 21 invece toccherà al Gruppo Valutazione Partecipata che dopo essersi messo alla prova durante la festa del 4 luglio nell’area del parco di Villa Salus (con questionari distribuiti e compilati insieme ai partecipanti, per valutare la qualità degli eventi) dovrà programmare le attività della nuova stagione.
In autunno è previsto anche un terzo incontro con i cittadini del quartiere Savena, per comunicare gli sviluppi del progetto e i dettagli dei lavori che saranno avviati.

Vi terremo aggiornati!

progettazione_orti

Abbiamo ricevuto un aggiornamento sul percorso di progettazione dei futuri orti di Salus Space da Giovanni Bazzocchi, di ResCUE-AB (Centro Studi e Ricerche in Agricoltura Urbana e Biodiversità, Dipartimento Scienze Agrarie, Università di Bologna). ResCUE è nostro partner, così come la cooperativa Eta Beta. Insieme stanno coordinando il percorso che porterà alla creazione delle tre tipologie di orti che nasceranno a Salus Space.

La coprogettazione delle aree ortive procede a vele spiegate nonostante il caldo. Eccoci allo Spazio Battirame, complesso costituito da una casa colonica, una tensostruttura e diversi ettari di terreno all’interno della quale Eta Beta ha creato una sorta di smart village, con una cucina, un bar, attività artigianali temporanee, percorsi didattici, giardini e orti.

Protetti da una tettoia e rifoccillandoci con cocomero autoprodotto nell’Area Battirame, il gruppo di volontari, costituito da abitanti del quartiere, operatori sociali, persone richiedenti asilo, utenti delle cooperative sociali coinvolte a vario titolo nel progetto, ha immaginato l’orto ricreativo che vorrebbe. Dove sistemarlo? Come “arredarlo”? Quali fiori, piante, alberi? E come lasciare la libertà a chi vorrà, un domani, partecipare di metterci del proprio? Mille idee, ancora un po’ “volatili”, ma tutte ricche di desideri e condivisione…  ci vedremo ancora e ancora, per dare loro l’opportunità di realizzarsi.

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