Salus SpaceArchives
Il corso “Accomodation – addetto alle strutture ricettive” gestito da Ciofs è ripartito dopo lo stage e l’interruzione delle ultime giornate di attività dovuta al lockdown. I corsisti sono riusciti a svolgere lo stage in alcune strutture ricettive cittadine prima che tutto si fermasse.
Ecco quello che ci ha raccontato Luca Lambertini di Ciofs.
L’unico modo per portare a termine le ultime ore di lezione rimaste era quello a distanza. Per prima cosa i tutor del corso hanno effettuato una ricognizione tra gli allievi per capire se avessero tutti un pc o uno smartphone funzionante e una buona connessione, per individuare quali fossero gli orari più indicati per svolgere la lezione, per conoscere eventuali difficoltà. Fortunatamente quasi tutti hanno a disposizione una connessione, anche se spesso non molto stabile (alcuni studenti spesso perdono la connessione più volte) e tutti possiedono almeno uno smartphone per collegarsi e seguire le lezioni. Chi dispone solo dello smartphone riesce sì a seguire le lezioni (anche se su uno schermo di soli 5 pollici!) ma sta avendo grandi problemi nelle esercitazioni a distanza: scrivere, caricare e scaricare file, svolgere esercitazioni è molto complesso se non impossibile dal telefono.
Anche le condizioni di vita di ognuno possono creare problemi o condizionamenti. Chi ha bambini piccoli a casa deve conciliare la loro cura con le lezioni. Chi ha figli alle scuole secondarie deve condividere pc e connessione con loro, anch’essi impegnati nella didattica a distanza. Chi abita in comunità o in strutture SPRAR difficilmente ha a disposizione luoghi tranquilli e silenziosi per poter lavorare.
Nonostante questo i ragazzi stanno partecipato attivamente alle prime lezioni, la voglia di rivedersi e di sperimentare questa nuova modalità per ora sono un motore forte che permette di superare le tante difficoltà di questa modalità di lezione!

Tim Caulfield, direttore del Programma UIA (Urban Innovative Actions), è venuto a metà gennaio in visita al cantiere del progetto Salus Space. Un incontro di aggiornamento da cui è sembrato ripartire decisamente soddisfatto. Una visita informale, ma che ci ha permesso di svelare i passi avanti nell’area di via Malvezza!

Un passo in avanti verso la trasformazione dell’ex caserma Perotti, di via Carlo Marx, in una sede dell’Agenzia delle entrate. L’area, in condizioni di abbandono da tempo, è a poca distanza dalla futura Salus Space ed è stata fonte di problemi per i residenti della zona.

Il 16 gennaio è stato presentato, dal Comune di Bologna, il concorso di architettura per una parte dell’ex caserma (proprietà del Demanio); mentre il giorno successivo il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, a Bologna ha firmato un protocollo sul resto della Perotti e sulla Stamoto di via del Parco.

Il concorso di progettazione riguarda l’insediamento dell’Agenzia delle entrate (con gli uffici della direzione provinciale Bologna 2 e l’archivio interregionale centro-nord), che interessa un terzo del comparto, ma allo stesso tempo anche l’individuazione di una visione complessiva del futuro dell’area. Sul progetto Perotti, tramite un intervento di demolizione e ricostruzione, il Demanio ha deciso di investire 15 milioni di euro per realizzare una struttura di circa 50.000 metri cubi.

Le ruspe hanno cominciato a lavorare e il Demanio promette che nell’arco di quattro anni dovrebbe essere tutto completato.

Alla conferenza stampa di presentazione dei lavori, al centro sociale Dacia in viale Lincoln, hanno partecipato anche gruppi di cittadini, protagonisti di comitati nati proprio auspicando un futuro per l’enorme area abbandonata che tanti grattacapi aveva creato negli anni agli abitanti del Quartiere Savena. Da parte loro domande, sollecitazioni e l’invito ad essere coinvolti nel percorso di realizzazione.

La foto è di Armando Boccone, comparsa sul blog di ASPO-Italia

Un bel gruppo di cittadini ha partecipato alla Passeggiata di Quartiere che venerdì 20 settembre si è snodata per il Savena, con tappa davanti al cancello della futura Salus Space. L’iniziativa è stata curata da Free Walking Tour Bologna e Fondazione per l’Innovazione Urbana, con il contributo del Comune di Bologna.

passeggiata_Savena

Vi proponiamo la registrazione dell’intervento dell’architetto Massimo Monaco, progettista architettonico del Comune di Bologna, che ha aggiornato i cittadini sullo stato dei lavori nell’area della futura Salus Space.

La tappa è stata solo una delle tante… Ecco il racconto del resto della passeggiata,  a firma Rita Roatti

Savena_Passeggiata di Quartiere: da spazi a luoghi di comunità

Venerdì 20 settembre, al Quartiere Savena, si è svolta una visita guidata ai luoghi della memoria e dell’identità culturale del Fossolo organizzata da Free Walking Tour Italia.  La partenza è avvenuta alle 18 agli Orti Peppino Impastato in via Bombicci dove il presidente dell’associazione “Orti Condivisi” Gaetano Vitale ha raccontato la loro bella esperienza partita un anno e mezzo fa.  Mentre le persone si radunavano all’appuntamento, si è unita al gruppo anche la presidente del quartiere Marzia Benassi.

orti

Passeggiando lungo il muro di cinta della caserma Viali, siamo arrivati a Salus Space.
Tornando sui nostri passi, siamo giunti in  piazza Lambrakis dove alcuni componenti del Comitato Due Madonne avevano allestito una mostra fotografica che, attraverso 4 pannelli tematici, raccontava la storia della piazza stessa dal 1957 fino ad oggi passando attraverso l’inaugurazione nel 1971, la sua grande ristrutturazione del 2003 fino agli ultimi eventi/spettacoli avvenuti quest’anno da parte di più associazioni.
E’ stata poi fatta una puntatina alla” Mia Casina Bella”, un piccolo luogo sotto i portici nato dalla volontà di Nicoletta Magnani, che raccoglie persone con l’idea di stare insieme facendo cose piacevoli ed istruttive.parco_cedri

Alle 19,30, gambe in spalla, abbiamo attraversato via Dozza, imboccato la ciclabile/pedonabile e siamo arrivati al Parco dei Cedri dove, un folto gruppo di altre persone capeggiate da Vanna (attivista e storica del Parco), ci aspettavano per placare l’appetito con un abbondante buffet…

foto di Michele Lapini e Rita Roatti

Orti_Villa_Aldini

Stanno partendo i corsi di formazione rivolti principalmente a migranti, rifugiati e richiedenti asilo per poter creare le competenze necessarie alla futura comunità di Salus Space. I corsi si concluderanno entro dicembre 2019 e prevedono la formazione di 118 persone. A questi corsi, nei primi mesi del 2020, si aggiungerà una formazione specifica per la creazione di impresa sociale, di cui beneficeranno 20 persone scelte tra i partecipanti alla prima fase formativa.
I corsi tenuti dai Cantieri meticci e quello per la manutenzione del verde saranno aperti anche ai cittadini, che potranno iscriversi gratuitamente all’indirizzo info@saluspace.eu fino ad esaurimento dei posti disponibili. Allo stesso indirizzo si possono ricevere anche informazioni.

Ecco il dettaglio dei corsi aperti a tutti i cittadini:

Corso di teatro sociale (Cantieri Meticci): primo ciclo dal 14 ottobre al 16 dicembre 2019, secondo ciclo dal 13 gennaio al 30 marzo 2020. Si svolgeranno di lunedì dalle 18:00 alle 20:00 presso il Teatro della Parrocchia Nostra Signora della Fiducia in Piazza Lambrakis.
Nel corso del primo bimestre saranno affrontati in forma pratica e laboratoriale i primi rudimenti di tecnica attoriale (uso della voce, controllo del corpo, consapevolezza della scena), con l’ausilio di giochi teatrali capaci di creare gruppo, favorire l’incontro e la fiducia fra i partecipanti, affinare le capacità improvvisative di ciascuno. I partecipanti saranno inoltre coinvolti nei primi esercizi di drammaturgia e scrittura scenica partecipata.
Nel corso del secondo ciclo, i partecipanti (insieme al gruppo avanzato) inizieranno
a lavorare all’esito finale a partire da materiali drammaturgici creati nel corso del
laboratorio. Incontri di due ore circa, settimanali. Il corso si svolgerà nel Teatro parrocchiale della Chiesa di Nostra Signora della Fiducia, in via Tacconi (Quartiere Savena).
Corso di scenografia (Cantieri Meticci): primo ciclo dal 15 ottobre al 21 novembre 2019, secondo ciclo dal 28 gennaio al 5 marzo 2020. Nel corso del primo ciclo saranno affrontati questi temi: conoscenza della strumentazione base (attrezzi) più comunemente utilizzata, conoscenza dei diversi tipi di materiali utilizzati (legno ferro, vernici, colle, etc.), lettura di un disegno tecnico / scenografico, tecnica di base (luci/fonica). Nel secondo ciclo: ideazione e disegno di scenografie richieste dai laboratori teatrali, realizzazione con costruzione degli elementi richiesti con prove sul campo, modifiche eventuali, decorazione finale, mobilitazione e stivaggio delle scenografie, disegno luci e fonica richiesta. Sede da definire.
Corso di manutenzione del verde (Rescue-AB Università di Bologna): primo incontro giovedì 17 ottobre, ore 17, nella sede del Quartiere Savena. Nella primavera del 2020, sempre a cura di Rescue AB, una parte del corso sarà dedicata alla realizzazione degli orti di Salus Space.

Gli altri corsi di formazione, riservati come previsto dal progetto a richiedenti asilo e rifugiati, sono dedicati a: manutenzione e artigianato (Eta Beta), ristorazione e trasformazione agroalimentare (CEFAL), addetto alle strutture ricettive (CIOFS), autorecupero (CSAPSA), ristorazione-addetto sala e cucina (Mondo Donna).

Per far conoscere i corsi, i Cantieri Meticci saranno in piazza Lambrakis domenica 22 settembre 2019, dalle 17.30 alle 18.30 circa, con l’evento intitolato “La meravigliosa storia di Iside e Osiride”, all’interno della festa di piazza già organizzata per quella giornata. Sarà un laboratorio spettacolo con i bambini, un mix tra laboratorio pratico-manuale e performance nel quale il racconto mitologico diventa pretesto per costruire e inventare. L’attività si rivolge ai bambini ma anche a tutti gli adulti che li vogliono accompagnare.

                                                                                               

La festa dell’Unità del Villaggio Due Madonne (29 maggio-23 giugno, parco Peppino Impastato) ha ospitato lunedì 17 giugno, alle 21, lo spettacolo di Fausto Carpani. Lo abbiamo incontrato.

Sono quasi le otto di sera e, sul pratone Peppino Impastato alle Due Madonne dove si sta svolgendo, da ormai tre settimane, la Festa dell’Unità, incontriamo Fausto Carpani, uno dei più famosi musicisti dialettali bolognesi nonché musicologo. Lo raggiungiamo mentre, ancora indaffarato con il suo gruppo di musicisti, sta allestendo il fonico prima d’andare a mangiare un buon piatto di tortellini al ristorante della festa e, quindi, iniziare il concerto.

Fausto_carpani_rita_roatti

Come mai hai iniziato la tua carriera musicale a 40 anni “suonati”?
Fausto Carpani:
Fino ad allora mi occupavo di altro. Strimpellavo la chitarra, poi mi è capitato una sera di un ultimo dell’anno di festeggiare con degli amici e, per l’occasione, scrissi una canzoncina, un blues. Lo cantai e uno di questi amici mi disse: “Perché non ti iscrivi al festival della canzone bolognese?”. Eravamo nell’87-88.  Avevo già fatto un primo festival e rispondo: “Ma dai, cosa sto a scrivere!?”.  Poi mettono fuori il bando del festival e mi ritelefona questo amico, che mi dice: “Fausto guarda che c’è il bando per il festival”.  Insomma, alla fine mi convince, scrivo la canzone, la trasformo a due voci e …. siamo stati selezionati.  Ci siamo presentati in piazza Maggiore e abbiamo vinto. Era il 14 agosto 1988.  Vincemmo a pari merito con Cesare Marservisi col quale, stasera, faremo alcune canzoni. È iniziato così. L’anno dopo mi ripresentai da solo con una canzone intitolata “pret Caprera, (prati di Caprara)” che è attualissima per quello che sta succedendo là ora, e ritornai a vincere. Allora a quel punto ho detto… andiamo avanti. Da allora ne ho scritte altre 120 e son qua.

Stasera giochi in casa, ma ti capita mai di esibirti in giro per l’Italia o all’estero?
Premetto che ho fatto 11 concerti a New York, insieme all’indimenticabile Stefano Zuffi,  polistrumentista. Siamo stati in Uruguay, in Brasile, in Argentina, negli Stati Uniti, in Canada, in Inghilterra, in Romania e in Francia.  Abbiamo cantato anche in dialetto bolognese facendoci precedere da traduzioni ed è stata un’esperienza, quella con Stefano, che è durata 11 anni.

Come venivate accolti?
Molto bene, siamo sempre riusciti a tornare a casa.

Ma vi rivolgevate sempre e solo alle comunità italo americane o italo francesi o italo spagnole?
In Francia andammo ospiti di una associazione provenzale dove si parlava l’occitano, la lingua d’Oc.  Fra le altre cose ci misurammo con questa associazione linguistica provenzale scoprendo (ma lo sapevamo già) che abbiamo la stessa origine, cioè io parlavo in dialetto bolognese lentamente, il presidente di quella associazione parlava in occitano lentamente e ci siamo capiti benissimo.  Ad esempio, per donna noi diciamo dona, loro dono. Mettono la o dappertutto. Ci siamo trovati benissimo anche nel parlare.

Come fai a catturare l’attenzione del pubblico più giovane?
Il pubblico dei giovani (parlo naturalmente di  quelli di qua) che hanno sentito parlare il dialetto dai nonni, sono interessatissimi, ma spesso anche quelli che  vengono da altre parti. Io dico sempre che i giovani sono delle scatole vuote da riempire.  Quando sentono questa strana lingua allora si fermano incuriositi ad ascoltare. Ogni anno, prima di Natale, ci mettiamo nell’angolo di Padre Marella davanti a Tamburini, tra via Caprarie e Drapperie, e cominciamo (senza avvertire nessuno e senza pubblicità)  a suonare.  Andiamo là verso le 11.30 e, appena appena faccio tre note e canto tre parole in dialetto ….. arrivano come le mosche sul miele. C’è una voglia di sentire la nostra parlata di una volta che se non lo provi non ci credi.

Ora una domanda un po’ tecnica… Alcune parole dialettali che usi sono diverse da quelle che conosciamo noi… ad esempio la parola “casa”; cà o chesa?
Molti vecchi dicono anche mo! A chesa… è un modo elegante.  Poi ci sono i gerghi e a me ogni tanto piace tirare fuori qualcosa di gergale. Ci sono delle parole inventate dai muratori come la sgaramozla, la forfora.  Ho dedicato una canzone alla mia nipotina Miriam, lei appena sente le prime parole si fionda sul palco a cantarla con me.  Ho una figlia che abita proprio qui al Villaggio Due Madonne. Tornando ai gerghi, il portafoglio, nel gergo dei ladri, era la lasagnatta perché ricorda una lasagna. Quello che faceva il palo durante un furto era la nona, la nonna.  Un vecchio chitarer non è quello che costruisce chitarre ma è il chitarrista. Mi raccontarono che, una volta, in via del Pratello fecero un colpo. Là vicino c’era la fabbrica del cioccolato Viola, e sparì un sacco di cacao, i carabinieri non lo trovarono. L’avevano mangiato tutti i bambini del quartiere che, quel giorno, avevano tutti la barusla cioè i contorni della bocca sporchi di cacao.

Hai individuato qualcuno a cui lasciare il testimone? C’è qualche giovane che ti segue, che vuole fare le cose che fai tu?
Al Ponte della Bionda, noi facciamo i corsi di dialetto. Fra gli allievi del corso c’è un professore autenticamente british, inglese, ex insegnante di russo all’università di Glasgow. Dopo aver girato ha deciso di vivere a Bologna. Ha comprato casa in via Murri e poi si è immerso nella cultura nostrana e viene al corso di dialetto e lo parla. Considera che al sabato facciamo un saggio e a tutti gli allievi facciamo leggere il pezzo di una poesia dialettale. Lui è l’unico che la recita a memoria. Io alle volte gli dico: “John cosa facciamo stasera?”  e lui mi risponde: “Andan a magner al taiadel.  L’insegnante di questo corso è l’avvocato Roberto Serra, che ha una quarantina di anni, parla benissimo, ha scritto dei libri insieme a Daniele Vitali. Pur essendo giovane, è una autorità in campo dialettale.  Ha due figli, due gemelli, un maschio e una femmina che parlano già l’italiano, la lingua della repubblica ceca (lingua materna), l’inglese e il bolognese. Hanno otto anni e cantano anche in bolognese. Ecco, il futuro è quello là.

Chi ti ha trasmesso questo piacere verso il racconto musicale, c’è stato qualcosa che ti ha predisposto a fare il cantastorie?
Mio padre era un melomane, era molto appassionato di musica lirica. Fondò una corale a Budrio,il paese da cui veniamo.  Aveva una discreta voce da tenore e amava moltissimo la musica. In casa nostra avevamo solo la radio e, al lunedì sera (avrò avuto 4-5 anni), stavamo tutti intorno alla radio ad ascoltare i famosissimi concerti della Martini e Rossi.  Per me, questo, è un ricordo stupendo e viene da lì, da lontano la mia passione per la musica. Poi ho cantato nel coro Stelutis.

Al Pant dla Biannda, è una tua creazione?
Sì, il Ponte della Bionda si chiama in realtà Ponte Nuovo. È un piccolo ponte che scavalca il canale Navile e che serviva per far passar i cavalli che tiravano le barche verso Bologna.  Io ne seguivo i destini da un pezzo e nel 2003 mi resi conto che stava crollando. Si era spaccato per tutta la sua lunghezza, aveva una crepa molto grande.  Siccome io ho il pallino per i canali, ho chiamato la sopraintendenza.  In realtà nessuno sapeva della sua esistenza, perché è un ponte molto piccolo, fagocitato dalla vegetazione, non lo si vedeva più. Trovai la porta giusta, la Fondazione del Monte.  All’epoca il segretario generale era Marco Poli.  Gli feci vedere le foto e in tre giorni, dico tre giorni, furono stanziati 135mila euro per salvare il ponte, che fu salvato.  Dopo l’inaugurazione mi disse: “adesso cosa facciamo?” Li vicino, tra due canali, c’era una discarica abusiva piena di lordure.  Con un gruppo di amici andammo a parlare con la proprietaria, alla quale il Quartiere aveva già mandato un’ingiunzione di sgombero.  Le chiedemmo se ce lo dava in comodato d’uso gratuito per 5 anni, noi avremmo sgomberato tutto.  Per 5 anni facemmo spettacoli lì, poi si aprì un contenzioso che si concluse in tribunale. Il nuovo proprietario mise tutto in vendita. L’area dove noi facevamo le serate era di circa 4000 metri quadrati: una vecchia stalla andata a fuoco, un capannone, un magazzino ecc.  L‘ultima notte dell’anno di 5 o 6 anni fa, dopo aver fatto lo spettacolo, annunciai pubblicamente che la nostra avventura al Ponte della Bionda sarebbe finita lì perché il proprietario avrebbe messo in vendita tutto e noi i soldi non li avevamo.  Il giorno dopo mi telefonò un signore… comprò tutto lui. E siccome la stalla era andata a fuoco, la ricostruì e adesso è la nostra sede, con tutti i confort moderni. Costui era Giorgio Ventura, vendeva gli elettrodomestici a Casalecchio”.

Un vero mecenate!?
Sì, un vero signore!!!

Prima di salutare e ringraziare Fausto Carpani, Anna Rosa ci scatta una bella foto col sole di giugno al tramonto.

di Rita Roatti, in collaborazione con Sergio Palladini

Nella fase di sperimentazione di Salus Space, verranno avviate le attività e verrà costituito il primo nucleo di abitanti. L’obiettivo è quello di verificare la sostenibilità economica e l’efficacia della gestione pubblico-privata, con un ruolo attivo della comunità locale. Nel corso di questa fase sarà conclusa la ristrutturazione della palazzina storica e le abitazioni saranno terminate. Inoltre, verranno installati – a febbraio 2020 – alcuni fabbricati temporanei per lo svolgimenti di attività di laboratorio, arte e ristorazione: abbiamo chiesto come funzioneranno a Nicola Silingardi di ICIE – Istituto Cooperativo per l’Innovazione Società Cooperativa, che ci ha affiancato nella progettazione generale e nella coprogettazione di questa fase sperimentale, insieme ai partner che utilizzeranno queste strutture.

Per avviare la fase transitoria e sperimentale di Salus Space, il progetto prevede la realizzazione, nel lato ovest, di uno spazio attrezzato con fabbricati temporanei concepiti per ospitare le attività di laboratorio, arte e ristorazione multietnica.

Nello specifico, si tratterà di:

  • un modulo temporaneo per cucina bar, di 60 mq;
  • un modulo per sala polivalente, ristorazione indoor e attività teatrali, di 74 mq;
  • un modulo temporaneo per attività laboratoriali, di 44 mq;
  • In aggiunta a questi, è previsto un modulo temporaneo per lo stoccaggio dei materiali, di 15 mq.

Il progetto è stato costruito attraverso una breve attività di pianificazione partecipativa, finalizzata alla definizione delle linee guida per la progettazione e l’equipaggiamento dei fabbricati. L’attività ha coinvolto ICIE come coordinatore del processo di co-design, insieme ai partner responsabili degli spazi di attività e/o della loro gestione futura: Comune di Bologna, ASP Città di Bologna, Cantieri Meticci (per le attività laboratoriali) e Mondo Donna Onlus (per la gestione del ristorante).

Le linee guida ricavate da questo lavoro possono essere così sintetizzate:

  • Sinergia e flessibilità degli spazi;
  • Versatilità degli spazi, in particolare di quelli laboratoriali;
  • Accessibilità dell’area in condizioni di comfort e sicurezza;
  • Riconoscibilità e caratterizzazione dei tre fabbricati ospitanti usi differenti, con possibilità di segnaletica elettrica, predisponendo un attacco di corrente sulla sommità di ciascun blocco per installare eventuali insegne luminose;
  • Adeguata coibentazione interna in tutti i moduli per l’utilizzo nel periodo invernale. Dotazione di impianto di riscaldamento (se possibile pompa di calore aria-aria con split in ciascun modulo);
  • Dotazione di servizi igienici (di cui un bagno accessibile alle persone con disabilità) e spogliatoi, relativa localizzazione all’interno del modulo ospitante la ristorazione, in adiacenza al blocco cucina, con accesso esterno indipendente per poter essere utilizzato sia dai clienti del bar sia da coloro che lavoreranno negli altri blocchi;
  • Illuminazione interna dei tre blocchi di tipo diffuso e con dispositivi a basso consumo energetico;
  • Diaframmi vetrati nelle facciate anteriori del blocco di teatro e di quello dei laboratori, per favorire e fruire dell’illuminazione naturale; sul lato posteriore è utile prevedere delle finestre per ciascun modulo che compone il blocco, posizionate in alto e apribili a vasistas, per la ventilazione. In entrambi questi blocchi occorre predisporre inoltre una presa di corrente elettrica, con più attacchi per ciascun modulo che compone il blocco;
  • Dotazione di un’apertura anteriore a “mensola bar” nel modulo ristorazione, non essendo questo dimensionato per ospitare tavoli all’interno, al fine di avere un rapporto diretto con i clienti;
  • I 3 blocchi previsti (in aggiunta al modulo-deposito) saranno collocati su una superficie libera, con una fascia di terreno antistante sufficiente a garantire agevolmente il flusso e deflusso delle persone.

 

I cancelli di Salus Space, in via Malvezza, torneranno ad aprirsi entro il mese di luglio 2020, quando il progetto sarà nel pieno della fase di sperimentazione: la Palazzina storica sarà pronta per essere utilizzata, la struttura adibita alle abitazioni sarà stata ultimata e saranno state installate tre casette temporanee che ospiteranno il ristorante, i laboratori e il teatro. I lavori dovrebbero partire entro maggio.
Queste le novità principali che sono state comunicate e spiegate martedì 9 aprile ai cittadini che hanno riempito la sala Polivalente del Quartiere Savena. Molto interesse e qualche applauso nel corso dell’incontro che ha visto il susseguirsi degli interventi di diversi partner del progetto oltre che della Presidente del Quartiere Marzia Benassi  che ha ricordato la giornata del 4 luglio 2017 quando una passeggiata partita da piazza Lambrakis portò un bel gruppo di abitanti a varcare nuovamente la soglia di quella che fu Villa Salus.

gruppo_lavoro_SalusSpace

Ecco una parte della sintesi della serata fatta dall’Agenzia di stampa Dire, presente con un suo giornalista:

“Le gare sono state fatte e stanno per partire i cantieri”, spiega Dino Cocchianella, nella triplice veste di direttore del progetto, del Quartiere e dell’Istituzione per l’inclusione sociale. Quella in corso e’ la fase di “preparazione”, spiegano i coordinatori del progetto in un documento di sintesi preparato per l’iniziativa di oggi. “I lavori partiranno tra aprile e maggio, con un ritardo rispetto al cronoprogramma iniziale- si ricorda nel documento- causato dal lungo iter tecnico e amministrativo del nuovo Codice degli appalti e dal ritrovamento di amianto nella ex struttura ospedaliera, con la inevitabile procedura di bonifica”. Il Comune ha cosi’ proposto alla Commissione europea una nuova scadenza al 31 luglio 2020. “Entro quella data- scrivono i coordinatori- sara’ terminata la costruzione della nuova struttura residenziale, la sistemazione dell’area esterna e il recupero della palazzina storica (ex camera iperbarica), con gli spazi dedicati al co-working ed alla comunita’ locale”. La terza struttura (teatro, ristorante e laboratori) verra’ invece costruita in un secondo tempo.
In attesa di teatro, ristorante e laboratori in via temporanea verranno installate delle “strutture provvisorie per avviare le attivita’ di ristorazione e i laboratori che animeranno Salus Space, permettendo l’avvio della seconda fase”. Cioe’ la “sperimentazione”, che servira’ a “testare il modello di gestione, che terra’ conto dei bisogni e delle opportunita’ del territorio. Saranno avviate iniziative di raccolta fondi- continua il documento- ed iniziative volte a garantire la sostenibilita’ economica del progetto una volta venuto meno il contributo Ue”. E’ prevista anche un’attivita’ di formazione rivolta ad oltre 100 persone, che “servira’ a creare dei team professionali per sostenere il processo, coinvolgendo richiedenti asilo e altre fasce della popolazione. La prima tappa- spiegano i coordinatori- sara’ la definizione di una Carta dei valori”, che conterra’ i criteri di “mix sociale e di collaborazione” da applicare per selezionare gli abitanti e gestire gli spazi comuni. Sono 80 i posti letto previsti. Il progetto e’ rivolto sia a single che a famiglie, sia a migranti e richiedenti asilo che italiani. E’ previsto per il 7 maggio un incontro di apertura del “laboratorio di comunità” che precedera’ l’avvio delle attivita’. Salus Space “diventera’ uno spazio per tutto il quartiere”, sottolinea Inti Bertocchi, coordinatore del progetto, sottolineando che questa esperienza “non sara’ isolata” ma entrerà “in rete con tutti gli altri progetti in corso” in zona Savena. Per quanto riguarda i container temporanei, si trattera’ di “edifici prefabbricati di qualita’ molto alta”, assicura Bertocchi. Tra le novita’, anche l’accordo con un proprietario privato per l’uso di un terreno adiacente da destinare a orto.

Ulteriori approfondimenti sulle novità del progetto a questo link

Ecco il testo preparato dai coordinatori del progetto Salus Space (Istituzione per l’Inclusione sociale e comunitaria Achille Ardigò e Don Paolo Serra Zanetti – Comune di Bologna) per aggiornare i cittadini in vista dell’incontro pubblico del 9 aprile, che si terrà alle 18, nella Sala Polivalente del Quartiere Savena, in via Faenza 4, a Bologna.

Salus Space si rimette in moto, entrando nel vivo della prima fase del progetto: la preparazione. In questo periodo saranno finalmente avviati i lavori di costruzione dei nuovi edifici: gli appalti sono infatti in via di aggiudicazione ed i lavori partiranno tra aprile e maggio 2019, con un ritardo rispetto al cronoprogramma iniziale causato dal lungo iter tecnico e amministrativo del nuovo codice degli appalti e dal ritrovamento di amianto nella ex struttura ospedaliera, con la inevitabile procedura di bonifica da parte di una ditta specializzata.

Il Comune di Bologna ha così proposto alla Commissione europea una nuova scadenza al 31 luglio 2020. Entro quella data sarà terminata la costruzione della nuova struttura residenziale, la sistemazione dell’area esterna e il recupero della palazzina storica (ex camera iperbarica), con gli spazi dedicati al co-working ed alla comunità locale. La terza struttura, che ospiterà il teatro, il ristorante e gli spazi per i laboratori artigianali ed artistici, verrà invece inserita nel piano investimenti del Comune e costruita in un secondo tempo. Al suo posto, in via temporanea, verranno installate delle strutture provvisorie per avviare le attività di ristorazione ed i laboratori che animeranno Salus Space, permettendo l’avvio della seconda fase: la sperimentazione.

Qui verrà testato il modello di gestione, che terrà conto dei bisogni e delle opportunità del territorio. Saranno avviate iniziative di raccolta fondi ed iniziative volte a garantire la sostenibilità economica del progetto una volta venuto meno il contributo dell’Unione europea.

Verrà portato avanti un lavoro di rete, che coinvolgerà altre istituzioni e realtà associative del Quartiere ed ovviamente tutti i cittadini che vorranno essere co-protagonisti di questa avventura. Il cuore del progetto Salus Space è infatti la creazione di una comunità plurale, accogliente, resiliente, capace di superare le divisioni e le paure di questo periodo storico, liberare le tante potenzialità latenti e realizzare un modello di co-gestione degli spazi partecipativo e collaborativo. Il tutto naturalmente con una forte regia pubblica.

La formazione che verrà offerta dai partner nella fase di preparazione, a oltre cento persone, servirà a creare dei team professionali per sostenere il processo, coinvolgendo richiedenti asilo e altre fasce della popolazione. La prima tappa sarà la definizione di una Carta dei valori, che sarà la base della comunità di Salus Space, indicando i valori ed i criteri di mix sociale e di collaborazione che dovranno essere applicati in seguito, nella selezione dei futuri abitanti e nella gestione degli spazi comuni.

Su ciò si concentrerà il lavoro dei partner nei prossimi mesi, con il coordinamento di ASP Città di Bologna ed alcuni momenti pubblici di confronto. In parallelo ci saranno momenti di formazione, all’interno del Think Tank di Salus Space, per costruire una visione comune con l’aiuto di esperti.  Il programma dettagliato delle iniziative sarà presentato con un incontro nel Quartiere Savena nel mese di aprile.

Resta naturalmente sullo sfondo l’obiettivo del progetto, il completamento dell’edificio polifunzionale e la fase di gestione finale, che dipenderà in parte dalle soluzioni e risorse che verranno messe in campo nella fase di sperimentazione, che diventerà il vero obiettivo del progetto: non un modello definito rigidamente ma un processo riflessivo e adattivo, costruito insieme al territorio, perché in questo risiede la vera innovazione sociale del progetto.

Ecco le domande e i dubbi sollevati dai cittadini della redazione del blog e le risposte curate sempre dai coordinatori del progetto.

  1. Specificare meglio: “Saranno avviate iniziative di raccolta fondi”

Al momento purtroppo non possiamo essere più specifici perché stiamo ancora definendo con Antoniano Onlus le modalità di realizzazione della campagna di raccolta fondi. Nelle modifiche di progetto che stiamo presentando alla commissione europea abbiamo indicato che serviranno a finanziare attività collaterali, che non sono previste nel progetto. L’utilizzo della raccolta fondi sarà una delle questioni che saranno discusse con i cittadini all’interno del percorso partecipato, ma serviranno a rispondere ad un bisogno molto specifico, come l’acquisto di attrezzature e materiali che non erano stati previsti nel progetto, o la realizzazione di azioni concrete per sostenere il percorso di costruzione della comunità.

  1. Le iniziative volte a garantire la sostenibilità economica del progetto, una volta venuto meno il contributo dell’UE, non sarebbero dovute essere quelle attività previste dal progetto fin dall’inizio e cioè: ristorante multietnico, bed end breakfast, ostello?

La sostenibilità economica sarà sicuramente basata sulle attività previste dal progetto fin dall’inizio, ma potrebbero aggiungersi altre forme di entrata, come l’affitto dei locali per eventi, la realizzazione di corsi a pagamento, ecc. Oltre a questo Salus Space diventerà certamente attrattore di altri investimenti per sviluppare nuove potenzialità. Per esempio abbiamo già presentato una proposta per un progetto H2020 con la Facoltà di Agraria sul tema degli orti e di possibili attività imprenditoriali da avviare negli spazi di Salus Space. Altri progetti potrebbero essere costruiti con il Quartiere Savena o con le Fondazioni Bancarie di Bologna

  1. Per quanto riguarda il ristorante, come si può pensare che i cittadini vadano con piacere a ristorarsi (lasciando lì i loro denari) in un “container”, anche se dovesse fregiarsi dell’attributo “multietnico”?

Quelli che noi, per comodità, chiamiamo container, in realtà sono prefabbricati spaziosi e dotati di ogni comfort. Il prefabbricato polifunzionale con i suoi 60 mq.potrà svolgere anche la funzione di sala per il ristorante. Ci sono varie esperienze di ristorazione nei container in Europa che hanno avuto un grande successo, anche per la innovatività della soluzione proposta.

  1. Se queste forme di auto sostentamento tardassero ad entrare nel circuito virtuoso del sistema Salus Space, non sarebbe saggio che il comune di Bologna mettesse a bilancio entro l’anno un contributo che potesse momentaneamente sanare le mancate entrate?

Il Quartiere ed il Comune possono prevedere eventuali finanziamenti aggiuntivi, perché hanno a cuore la buona riuscita del progetto. Una prova viene dal fatto che l’edificio polifunzionale sarà realizzato extra-budget, a spese del Comune, una volta finito il progetto europeo. Tuttavia desideriamo minimizzare questo rischio e lavoreremo molto nei prossimi mesi per sviluppare i due piani di sostenibilità. Eventuali fondi integrativi potrebbe derivare come detto anche da altri progetti europei, in quanto il progetto continuerà ad avere una valenza ed una visibilità a livello europeo.

  1. Perché non si è fatta partire la formazione dei 100 professionisti che serviranno a sostenere il processo di coinvolgimento già durante il periodo d’inattività dei mesi passati?

Il programma era quello, ma dato che si è posticipata la consegna dei lavori, avviando subito i corsi di formazione si sarebbe rischiato di lasciare un vuoto tra la fine della formazione e l’inizio dei lavori, rischiando un senso di frustrazione e inutilità da parte dei partecipanti. Ritardare anche la formazione fa si che le persone formate non debbano aspettare mesi prima dell’avvio delle attività.

  1. Perché ASP non può fare altrettanto andando ad individuare e, quindi, formare le persone aventi diritto ad abitare momentaneamente in Salus Space?

La selezione degli abitanti avverrà anch’essa in modo che il processo si concluda in tempo per l’inserimento del primo nucleo di abitanti, con la consegna dell’edificio residenziale, prevista per la primavera del 2020. Tutte le azioni hanno subito spostamenti per allinearsi con il cronoprogramma dei lavori in modo da eliminare eventuali “tempi morti”.
Comunque si inizierà a lavorare su questo tema a breve, con il percorso di costruzione della carta dei valori previsto per il mese di aprile. Il tema sarà oggetto di presentazione in occasione del prossimo incontro pubblico del 9 aprile nella sede del Quartiere Savena

Spettacolo_Cantieri_Meticci

Secondo appuntamento dei Laboratori di Quartiere nell’ambito della predisposizione del Piano di Zona di Bologna, per sviluppare e dettagliare le azioni da mettere in campo nel 2019-2020. E’ la seconda tappa, dopo l’incontro del 21 novembre 2018, per disegnare percorsi che favoriscano la creazione di comunità vive e partecipi. Si sono già formati due gruppi di lavoro, in base alle zone coinvolte, cioè via Abba e Due Madonne, ogni gruppo si vedrà in una data e luogo diversi. Questi gli appuntamenti:

il 15 gennaio alle ore 17,30 presso il Centro Polivalente di via Carlo Carli n. 56/58 per la Zona ‘Due Madonne’. 

il 17 gennaio alle ore 17,30 presso il Centro Sociale Foscherara di via Abba n. 6 per la Zona ‘Abba’

Ad entrambi i Laboratori possono partecipare rappresentanti e volontari di associazioni e realtà organizzate, cittadini attivi nel Quartiere e chiunque abbia interesse a partecipare.
Il progetto Play ha anche organizzato una giornata di iniziative, “Coabitiamo”, per condividere il buon vicinato, con pranzo etnico. L’appuntamento è per sabato 19 gennaio dalle 12.30 alle 16.30 al Centro Foscherara in via Abba 6/a.
Nella foto un’immagine della performance dei Cantieri Meticci in piazza Lambrakis, una delle zone coinvolte nei laboratori.

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